Lucifer
Terzo capitolo del trittico Mandorla di Gus Van Den Berghe è un complesso lavoro formale girato in Tondoscope presentato al RomaFF9.
Classe ’85 ma con all’attivo già due film presentati a Cannes nella Quinzaine, Gust van den Berghe chiude il suo ideale trittico (non trilogia, e i motivi son ben chiari proseguendo la lettura) chiamato Mandorla con Lucifer, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Cinema d’Oggi. Van Den Berghe, cineasta sperimentatore, ha voluto inserire in questo trittico, temi importanti come il misticismo, il simbolismo e una forte aderenza ai temi plastici e all’iconografia, facendo coraggiose scelte estetiche che vanno dal blu in formato Uber Scope di Blue Bird al bianco e nero (ma con una sequenza a colori) di Little Baby Jesus of Flandr. Anche Lucifer non fa eccezione, a partire già dal formato con cui è stato girato: il Tondoscope. Questo è un particolare formato che riprende le immagini in cerchio, proprio a simboleggiare da un lato lo sbirciare da un buco della serratura, dall’altro la distanza che separa la terra, dove avvengono le vicende, da Dio.
Narrativamente il film è piuttosto difficile da raccontare: in viaggio dal Paradiso all’Inferno, Lucifero attraversa il paradiso terrestre del Messico, dove vivono l’anziana Lupita e sua nipote Maria. Emanuel, il fratello di Lupita, finge di essere paralizzato così da poter bere e giocare d’azzardo, mentre le due donne badano alle pecore. Lucifero fiuta l’opportunità e si finge un miracoloso guaritore. Costringe Emanuel a riprendere a camminare, seduce Maria e fa perdere la fede a Lupita. Inizia qui un lungo calvario da parte dei tre che passa attraverso il discernimento e l’individuazione di cosa sia il Bene e cosa il Male, nel senso più archetipico del termine.
Opera concettualmente profondissima di rimandi, Lucifer prende linfa vitale dalla pittura umanistico-rinascimentale, in particolare quella di stampo fiammingo; è interessante notare la dualità delle opere prese d’ispirazione: innanzitutto, e in maniera molto evidente, la cosmogonia e il senso del sacro, l’animismo e il misticismo molto presente nel film, preso in maniera evidente dalle opere di Hyeronimus Bosch (a cui tra l’altro il cerchio era molto caro, vedi il trittico del Giardino delle Delizie) e secondariamente l’attenzione ai particolari e alla capacità di tratteggiare, quasi in contrapposizione tra loro, i personaggi terreni, presa dalle opere di Vermeer e più in generale dai ritrattisti del ‘500. L’azione, proceduta interamente con inquadrature fisse, mostra in tutto il suo splendore questa capacità plastica, costruendo spesso la scena per tableaux vivants di grande effetto scenico. Ci troviamo di fronte ad un lavoro estremamente ben costruito e capace di affascinare per la sua capacità di fare una riflessione molto forte sulla cosmogonia attraverso una realizzazione che lascia sbalorditi sia sul piano visivo che su quello contenutistico.
Dettagli
- Titolo originale: Lucifer
- Regia: Gust Van Den Berghe
- Anno di Uscita: 2014
- Genere: Drammatico
- Fotografia: Hans Bruch Jr.
- Musiche: Wim Coryn
- Costumi: Pablo Garza Segovia, Cesar Antonio Solis
- Produzione: Messico, Belgio
- Cast: Gabino Rodriguez, Norma Pablo, Toral Acosta, Jerónimo Soto Bravo, Sergio Lazaro Cortéz
- Sceneggiatura: Gust Van Den Berghe