Last Summer
Complesso nella sua apparente semplicità è l’esordio al lungometraggio di Leonardo Guerra Seragnoli, in apertura della sezione Prospettive Italia del Festival di Roma
C’era grande curiosità Last Summer, l’esordio al lungometraggio di Leonardo Guerra Seragnoli, artista italiano (ma con diverse esperienze produttive negli USA) che aveva ben impressionato i cinefili attenti al mondo dei cortometraggi con una serie di lavori di indubbio fascino. Per di più, sulla carta la produzione poteva contare su una squadra internazionale di fuoriclasse, a cominciare dagli attori, tra cui spiccano Rinko Kikuchi, nomination agli Oscar per Babel di Iñárritu, e Yorick van Wageningen, l’antagonista di Uomini che odiano le donne nella versione di Fincher, per continuare con la sceneggiatura, che vede la presenza di uno dei più apprezzati fumettisti italiani underground come IgorT e la consulenza di una gigante della letteratura contemporanea come Banana Yoshimoto, fino ad arrivare al comparto tecnico, che veda la presenza ai costumi del premio Oscar Milena Canonero, che ha anche partecipato alla produzione, e al montaggio di Monika Willi, montatrice storica di Haneke. E per fortuna il film ha mantenuto tutte le aspettative.
L’impianto narrativo è molto semplice, lineare, e serve più che altro per attivare tutto il sottotesto e i vari livelli di profondità del film: una giovane donna giapponese ha solo quattro giorni per dire addio al figlio di sei anni, di cui ha perso la custodia. Questo poco tempo, peraltro, è da trascorrere a bordo della barca a vela della famiglia dell’ex marito, una sorta di prigione nello splendido mare pugliese (ci troviamo al largo di Otranto). Sorvegliata a vista dall’equipaggio, la donna affronta la sfida di riavvicinarsi al figlio, prima di doversene separare per sempre, per motivi imprecisati.
Il fulcro attorno a cui ruota Last Summer è quello dell’inizio di un rapporto nella sua fine, nella maggior specie considerando il travaglio di un riavvicinamento. Questo viene ben rappresentato sul piano emotivo, grazie ad una scrittura scenica che, nel suo ritmo volutamente dilatato e nelle inquadrature fisse, riesce a rendere bene il complesso di emozioni che si scatena tra la madre disperata e il figlio, che per la sua giovane età non è del tutto cosciente della situazione. Il conflitto tra Occidente ed Oriente, chiaramente culturale, non fa che acuire questa distanza da colmare, e in questo senso si nota molto la mano della Yoshimoto nella caratterizzazione dei personaggi e nei dialoghi. Scenograficamente, nella sua semplicità, il film colpisce per la bellezza dei contrasti degli sfondi, prevalentemente bianchi (la nave, i divani, i mobili) con i colori sgargianti della madre (rosso, azzurro), che risaltano creando un bell’effetto di contrasto. Le scelte registiche utilizzate, accoppiate ad un montaggio frammentario e spezzato ma senza per questo risultare incompleto, caratterizzano il film mantenendo alta l’attenzione. Un film che è italiano solo sulla carta d’identità del regista, e questo è un bene. Ottimo esordio!
Dettagli
- Titolo originale: Id.
- Regia: Leonardo Guerra Seragnoli
- Anno di Uscita: 2013
- Genere: Drammatico
- Fotografia: Gianfilippo Corticelli
- Musiche: Alexis Grapsas
- Produzione: USA
- Cast: Rinko Kikuchi, Yorick van Wageningen, Lucy Griffiths, Laura Sofia Bach, Daniel Ball, Ken Brady
- Sceneggiatura: Leonardo Guerra Seragnoli, IgorT, Banana Yoshimoto