Era piaciuto al pubblico e alla critica quel Crazy Heart che aveva segnato il debutto alla regia di Scott Cooper, facile quindi avere delle aspettative sui progetti futuri del regista, specie se poi si scopre che per il suo secondo lavoro, Out of the Furnace, presentato in concorso al Festival del Cinema di Roma, Cooper ha raccolto un cast d’eccezione come Christian Bale e Casey Affleck, due attori di grande talento e dotati anche di una sana dose di creatività capace di dare quel qualcosa in più alla loro recitazione.

Il film narra la storia di due fratelli, Russell e Rodney, che cercano di sbarcare il lunario in un paese della periferia desertica americana. Il primo è un operaio presso un acciaeria, il secondo un militare reduce da una missione in Iraq che lo ha sconvolto psicologicamente. Proprio per cercare un modo di superare il suo passato, Rodney resta coinvolto in un giro di lotte clandestine gestite dalla malavita locale. Un giorno Rodney scompare e Russell, che non ha nulla da perdere, si mette alla sua ricerca rischiando la vita per sapere che fine abbia fatto il fratello.

Il grande limite del film è evincibile già leggendo la sinossi stessa, ovvero l’assoluta mancanza di originalità nella scrittura sia visiva che drammaturgica del film.  Out of the Furnace resta ancorato ai cliché del genere, dall’intreccio sulla vendetta del fratello, classico topoi di un certo cinema americano, alla stessa scenografia in cui è ambientato il film, che va da vecchi residui di capannoni industriali a paesaggi boscosi fino ad ambienti urbani degradati, insomma gli stessi elementi già presenti nel genere a cui il film appartiene (per avere un esempio, basterà citare Un gelido inverno di Debra Granik).

Il che è un peccato, poiché il film di Cooper non è realizzato male in se stesso, ha un’estetica interessante ed è coerente ed equilibrato, oltre a raccontare la storia nel giusto tempo. Il problema è che non ci si fa a meno di annoiare, a lungo andare, in quanto troppo forte la sensazione di già visto che permea per tutta la durata della pellicola. Un film che quindi diventa inutile e, alla luce di tutto ciò, possiamo parlare di un’occasione sprecata.