Cinema Festival Roma Film Festival 2013

Blue sky bones

Franco Cappuccio

La musica permea a tutto tondo il lungometraggio d’esordio di Jian Cui, il padre del rock cinese.

C’era curiosità tra gli addetti ai lavori per l’esordio alla regia di Jian Cui, musicista considerato il padre del rock cinese, visto che i videoclip dei suoi brani, dai lui diretti, avevano ricevuto fior di riconoscimenti, tra cui diversi MTV Asia Video Awards, e il suo cortometraggio del 2006 Repair Hyman Era, aveva fatto molto discutere suscitando pareri contrastanti.

Blue sky bones, presentato in concorso al Festival del Cinema di Roma 2013, si configura come un film molto musicale, e d’altronde lo stesso titolo è in realtà il titolo della canzone, creata dal protagonista, che in varie forme fa un po’ da leitmotiv del film.

E infatti la storia stessa, quella di una famiglia, si dipana come una canzone: “Mia madre è uno schianto, mio padre una spia e io sono un hacker”. La Madre, considerata la donna più bella all’interno dell’esercito del regime maoista, è condannata ai lavori in campagna a causa di una canzone intitolata “La stagione perduta”, che era stata considerata inammissibile dalla dittatura stessa.

Qui conosce un uomo e lo sposa, e dalla loro unione nasce un figlio, Zhong Hua. Quando però la donna scopre che il marito è una spia, gli spara, seppur per sbaglio, ai testicoli, lo abbandona e trova rifugio in un altro paese. Grazie all’amico Fu Song, l’uomo riesce a evitare un’inchiesta politica. Con il tempo, però, la ferita procurata si trasforma in un tumore e l’uomo decide di rivelare la sua identità a Zhong Hua, e di raccontargli tutta la sua storia.

Il film si dipana in maniera non lineare, attraverso un uso abbondante di flashback e di elementi non narrativi, come le canzoni, le coreografie ed altro, che contribuiscono a spezzare il ritmo. Il risultato però è un pastiche confusionario e frammentario che ha poco senso e che anzi annoia, con i suoi continui cambi di ritmo che rendono impossibile la fruizione chiara dell’opera.

Si tratta di un calderone in cui vengono inseriti la storia della famiglia di Zhong Hua, le riflessioni sul web e sul suo uso al giorno d’oggi, quelle sulla musica e sulla difficoltà di creare un prodotto che non sia figlio di compromessi, la critica al regime, il dramma del padre, e molto altro ancora, tanto da non riuscire a coinvolgere emozionalmente lo spettatore per via dei numerosi imput che Jian Cui da al film, e che si risolvono (o non si risolvono) in maniera fine a sé stessa. A ciò si aggiungono alcuni momenti da soap opera sudamericana e una serie di scelte tecniche sicuramente sperimentali, ma poco soddisfacenti, per chiudere il quadro di un film molto negativo.


Dettagli

  • Titolo originale: Lanse Gutou
  • Regia: Jian Cui
  • Anno di Uscita: 2013
  • Genere: Drammatico
  • Fotografia: Christopher Doyle
  • Musiche: Jian Cui
  • Produzione: Cina
  • Cast: Zhao Youliang, Ni Hongjie, Yin Fang, Huang Xuan, Huang Huan, Guo Jinglin, Lei Han, Tao Ye
  • Sceneggiatura: Jian Cui

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