Roberto Latini // I giganti della montagna
Dalla famosa opera incompiuta di Luigi Pirandello, questo piccolo gioiello polifonico incarnato nell’unico corpo di Roberto Latini
Nel teatro ci vuole coraggio. Soprattutto quando si tratta di mettere in scena un testo incompiuto, dove il finale sembra strappato al lettore, e l’ultima parola che resta è paura. Allora il coraggio è l’arma fondamentale per riprendere in mano I giganti della montagna, ultima opera di Luigi Pirandello, incompiuta, scritta poco prima della morte del drammaturgo. Il testo è strutturato come una favola nella quale i personaggi vagano in un mondo incantato, senza un tempo e un luogo, lasciando gli spettatori incerti della loro identità, offuscata dalle molteplici interpretazioni che offre. Anime che vagano o personaggi a tutto tondo, le creature pirandelliane mostrano una grande attenzione ai sentimenti, alle tensioni, e alle incertezze.
La paura ha scatenato la riflessione di Roberto Latini che ispeziona attentamente il testo originale per estrarne le frasi e le parole più angoscianti. Il lavoro è un collage di espressioni, suoni e immagini che annulla i personaggi e si divide tra lo schermo alle spalle dell’artista e lo stesso Latini, trasformato in un contenitore di voci e tonalità libere e scollegate: «Ho dato più importanza alle emozioni che non ai personaggi; tanto è vero che li ho annullati. Non ci sono.»
Le tensioni emotive sono le fondamenta di questo lavoro in due atti, che in origine prevedeva la partecipazione di Federica Fracassi, che dopo un infortunio ha dovuto rinunciare a portare in scena lo spettacolo dando la possibilità a Roberto Latini di seguire un percorso di studio originale e introspettivo, che annulla la prima scelta di mantenere Ilse e Cotrone, a favore della fusione di entrambe con il resto dei personaggi, nell’unico corpo dell’interprete Roberto Latini.
Ricco di suggestioni, lo spettacolo si mostra come prodotto involontario dell’estetica contemporanea, con la musica elettronica di Gianluca Misiti: suoni scuri e distorti, spesso enfatizzati e mirati a proiettare la tensione scenica verso il pubblico.
Emozioni visive e sonore, quindi, si mescolano all’interpretazione polifonica e disorganica di Latini creando quadri scenici che paiono istallazioni; con un Roberto Latini che trasforma continuamente il corpo e la voce per dare vita ancora una volta alle ombre pirandelliane che già allora volevano ammiccare al problema di un teatro in crisi. Le reminiscenze dall’arte contemporanea (nel senso più ampio del termine) si sposano perfettamente con i fantasmi di Pirandello, cupi e indefiniti, come la scena offerta dal nostro spettacolo attuale perennemente in metamorfosi, dove i risultati di un cambiamento sono già ombre del passato che aspettano solo di sapere quale strada devono proseguire. Il punto è capire chi sarà a sostenere il viaggio.
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- Titolo originale: I giganti della montagna