Il richiamo della foresta
L’ennesimo adattamento di un visionario romanzo di Jack London, ossia Il richiamo della foresta, è diretto stavolta da un regista esperto in cartoon (vedi I Croods e Dragon Trainer) ed anche sceneggiatore di alcuni cult della Disney (Il Re Leone, Mulan, Aladdin, La bella e la bestia), ossia Chris Sanders.
Protagonista della storia è un cane dal carattere unico e speciale di nome Buck, il quale viene rapito in una cittadina californiana di fine ‘800 per essere trasferito illegalmente in Alaska, ove diventa un cane da slitta, atto al trasporto della posta, che all’epoca e in quei territori era l’unico mezzo per far recapitare lettere o commissioni da un luogo all’altro.
Inizialmente Buck è sconvolto da tale stile di vita, dato che a differenza dei cani con i quali ha a che fare in Alaska è abituato alla vita borghese ed è un animale prettamente domestico, anche se aveva da sempre una verve anarchica e dedita all’avventura che gli causava non pochi problemi coi precedenti padroni. Man mano che si abitua all’inedita quotidianità selvaggia e rurale, tutti noteranno in lui il suo essere un cane non come tutti gli altri, ma con un’innata capacità di altruismo, di leadership, di salvataggio e di protezione.
Sanders decide di realizzare la pellicola servendosi dell’aiuto del digitale, dato che molte scene devono essere ambientate in esterni e in paesaggi sconfinati. Tale scelta, seppur in toto non rovina la dinamicità dell’opera, dal ritmo incalzante – ove Buck, oltre alla ricerca di una casa, va anche alla scoperta di sé stesso, della sua vera natura e di una stabilità emotiva nelle lande naturali nord-americane – macchia un po’ la componente scenografica, fotografica ed estetica del film, quando il set si deve unire ai campi lunghi in computer grafica.
Il paesaggio in opere del genere è fondamentale (lo si nota negli ultimi anni in film come The Revenant e a sprazzi The Hateful Eight), e il fatto che per motivi di certo di produzione più che di regia, esso venga semplificato attraverso la digitalizzazione (croce e delizia del cinema contemporaneo, a seconda dei prodotti e della funzionalità) fa storcere un po’ il naso allo spettatore, soprattutto a quelli che hanno potuto godersi il film sul grande schermo, prima dell’arrivo del lock-down dovuto alla pandemia.
Buck è il vero protagonista della storia e delle scene, e nemmeno presenze carismatiche come quella in primis di Harrison Ford (che diviene più centrale nella seconda parte), e di Omar Sy, riescono a oscurare e ad intromettersi all’interno del viaggio dell’eroe, di un animale profondamente umanizzato e umanista, più degli uomini feticisti, materialisti, avidi, con i quali si trova a che fare. Infatti, gli unici personaggi che riescono a comprendere la forza e l’unicità di Buck sono proprio quelli interpretati dai due attori menzionati, ossia coloro che riescono a diventarne dei veri amici.
Il richiamo della foresta non è una semplice opportunità da cogliere, o un preciso avvenimento illuminante e/o rivelatore, ma è bensì un viaggio tortuoso e tormentato, pieno di sofferenze fisiche, psicologiche ed emotive. Buck è alla costante ricerca del suo “cerchio della vita”, di un contesto che sia finalmente adatto a lui, di un Io conoscitore e convinto del suo essere.
All’interno di una storia profondamente umana, vige anche un periodo, quello di fine XIX secolo, in costante mutamento: dalla posta su slitta, si comincia a passare al telegramma; dalle avventure naturalistiche, si passa alla ricerca dell’oro; dalla società rurale, a quella meccanica, industriale, capitalista;
I paladini del naturalismo sono Buck e l’amico (umano) John, compagni di vere avventure, alla scoperta della bellezza, del mondo così com’è, non di quello artificiale costruito dall’umanità, del ricongiungimento con i rispettivi affetti, dell’amore e dell’amicizia, dei ricordi e dei rimorsi, della redenzione e della pace.
Si potrebbe dire che Buck da Lilli diventa come il Vagabondo, oppure scopre di essere semplicemente Buck, perché godendosi man mano la pellicola, si comprende che le sue unicità sceniche e caratteriali (anche se anch’egli viene reso con la CGI) non si possono tipizzare. Il personaggio del romanzo di London si smuove attraverso una narrazione inedita e pionieristica per l’epoca, dato che ancora oggi si parla di sfruttamento degli animali e degli ambienti, di avidità umana in relazione all’industria e al guadagno, di meccanicizzazione della società moderna. Temi che da inizio ‘900 fino ad ora, sono ancora oggetto di discussione, e si spera finalmente più sensibili, per le sorti della natura, della terra, e di tutti gli esseri viventi che coabitano intorno all’uomo.
Il richiamo della foresta diretto da Sanders non è semplicemente un reboot, uno sterile quinto adattamento dell’omonimo romanzo, ma è invece per larghi tratti coinvolgente, con momenti di pathos, permeati sia di tristezza, sia di speranza. Nonostante ciò, non riesce a non essere un romanzo animato, ossia fortemente influenzato dalle dinamiche della narrazione letteraria, senza che ci siano modifiche e/o mutazioni sostanziali durante la trasposizione da un medium all’altro: il villain per esempio, seppur esso sia una delle pochissime creazioni originali della sceneggiatura – differendo quindi dal racconto – è fin troppo semplificato e debole rispetto all’aura del protagonista e degli altri personaggi. Viene sostanzialmente “ridicolizzato” verso il pubblico un antagonista che sopraggiunge nella seconda parte, e che rimane (quasi) invisibile fino all’epilogo.
Non resta che godersi Buck, in tutte le sue fattezze e in tutte le sue qualità, perché non è assolutamente un riflesso dei comportamenti e delle azioni umane (così come accadeva in chiave in primis tecnica, nel montaggio delle attrazioni dei formalisti russi, ove le reazioni emotive/sofferenti degli animali sostituivano quelle umane, che all’epoca per censura e per politica non si potevano mostrare esplicitamente, divenendo così il più grande escamotage della forma cinematografica), anzi è lui che funge da mentore per l’umanità, è lui il deus ex machina, l’esempio sul come gli esseri viventi e la natura dovrebbero convivere armonicamente.
- Diretto da: Chris Sanders
- Prodotto da: Erwin Stoff, Jeff Mangold
- Scritto da: Michael Greene
- Tratto da: "Il richiamo della foresta" di Jack London
- Protagonisti: Harrison Ford, Omar Sy, Dan Stevens, Karen Gillan, Bradley Whitford
- Musiche di: John Powell
- Fotografia di: Janusz Kamiński
- Montato da: William Hoy, David Heinz
- Distribuito da: 20th Century Studios (USA), Walt Disney Studios Motion Pictures (Italia)
- Casa di Produzione: TSG Entertainment, 3 Arts Entertainment
- Data di uscita: 20/02/2020 (Italia), 21/02/2020 (USA)
- Durata: 100 minuti
- Paese: Stati Uniti
- Lingua: Inglese
- Budget: 125-150 milioni di dollari