Promozione: un’arte dimenticata
Il cinema senza un pubblico: la sottile arte della promozione cinematografica e la sua totale assenza dall’agenda delle produzioni italiane.
Inizia: “Devo fare la cacca.” Immaginate di essere introdotti così al nuovo rappresentante del cinema italiano al Festival di Cannes, Le Meraviglie, opera seconda di Alice Rohrwacher, sorella della più famosa Alba. Ora tornate coi piedi per terra e ricordatevi che non è immaginazione, ma la realtà del primo trailer del film in concorso sulla croisette. Si parla tanto dei problemi del cinema italiano, tanti, innumerevoli come in molti altri paesi, ma se dovessimo trovare uno dei principali allora potremmo riassumerlo alla perfezione con l’assente attrattiva del promo de Le Meraviglie: l’incapacità di promuovere a dovere quasi l’intera produzione cinematografica nostrana.
Capita raramente di essere catturati da un’immagine potente, come accadde nel trailer di Reality di Garrone, o da un motivo musicale orecchiabile che incuriosisce, ad esempio nel recente Il capitale umano di Virzì. La verità è che la norma è nella lentezza dei promo de La grande bellezza, de Il mondo fino in fondo, oppure di Allacciate le cinture di Ozpetek e in Noi 4 di Francesco Bruni: una canzone italiana straziante ed una serie di abbracci casuali per parlarci di una nuova complessa storia d’amore in un altrettanto complicato sistema in cui ci troviamo (s)fortunatamente a condividere le nostre tristi, ma necessarie, esistenze.
Sarebbe una menzogna sfacciata negare alla cinematografia italiana l’esistenza di ottimi prodotti nazionali, lo scorso anno tra piccoli e grandi film di ogni genere abbiamo visto ben più di un ottimo titolo, senza neanche avere il bisogno di scomodare Paolo Sorrentino e il suo incredibile successo. Il problema è nella promozione, uno dei fattori fondamentali, l’annuncio al pubblico di un nuovo prodotto appena sfornato per esser immesso nel mercato: com’è possibile che Le Meraviglie sia comparso dal nulla solo con la notizia dell’ammissione al concorso di Cannes?
La scarsità di una qualità grafica accattivante è uno dei motivi per cui l’appeal del cinema italiano è ai minimi storici, abbracciato con interesse solo quando risponde ad uno stereotipo a cui noi stessi ci accostiamo con un misto di piacere e fastidio senza però ribellarci. In questo starebbe l’importanza di una produzione variegata nei generi, per rispondere alla domanda di un pubblico con gusti ed interessi diversi che vorrebbero esser allettati con immagini nuove rispetto all’abbraccio tra due attori pluriacclamati: un motivo più che sufficiente per cliccare Stop e dimenticare che al cinema quel film potrebbe rendere in maniera diversa dalla pessima locandina o dal terribile trailer. Ingannare in molti casi può esser scorretto, ma se Ben Stiller pubblicizzando il suo Walter Mitty in maniera opposta al suo tema reale è riuscito a convincere tanti a pagare il biglietto senza lasciarli insoddisfatti nonostante la “truffa”, allora significa che l’imbroglio persino sarebbe da adottare.
Il cinema italiano non può essere dimenticato, l’Italia stessa non può far finta che internet non esista, coprendosi occhi e orecchie evitando di sfruttare a dovere il potere del passaparola sulla più grande piattaforma pubblicitaria a disposizione, il web. Uno spot televisivo ed un trailer privo di vita possono attrarre un pubblico standard, incantato di fronte alla televisione, lo stesso che da sempre entra nei cineforum e nei cinema cosiddetti d’elite, ma in questo modo, senza mai rischiare, quel pubblico che potrebbe far aumentare i guadagni, continua ad avere lo sguardo dirottato altrove, lontano da casa, ormai assuefatto dal disinteresse a cui è stato costretto.