Vetrina. “Presente”
Un libro scritto a tante mani che si interroga su un’attualità immanente ed invadente che il termine ‘presente’ prova ad agguantare
Ci si interroga su un tempo infinitamente declinato, su un’attualità immanente ed invadente che il termine “presente” prova ad agguantare. E Presente è anche un libro, scritto a tante mani (Andrea Bajani, Michela Murgia, Paolo Nori, Giorgio Vasta), che si domanda e chiede, forse rispondendo con l’atto stesso del sollecitare. Presente è un caleidoscopio di visioni, un’immagine filtrata attraverso quattro lenti diversissime fra loro: è il 2011 che accade, sono i grandi avvenimenti, la Storia sullo sfondo, ma è anche l’enormità del quotidiano, le storie piccole dove attecchisce il cambiamento.
Gli autori si alternano come in un agone, tre mesi per ciascuno, senza gareggiare ma ponendo le basi affinché il lettore possa stabilire le proprie preferenze. Nella scrittura navigano colori, modi e tempi personali, una trasparenza che ha che fare con l’intimità e la trasforma gradatamente in senso del vivere insieme. Le ipotesi su cosa sia il presente – di uno, di tutti – si succedono in una sequenza non sempre fluida, a tratti ardua da assorbire e metabolizzare. Come scrive G. Vasta nel suo diario d’aprile, «il condizionale è il modo verbale che introduce l’incertezza. La nostra percezione di quanto accade a livello geopolitico è molto spesso condizionale»; e leggere del tempo presente, giocato, vissuto, ricordato o previsto, non è impresa leggera come potrebbe sembrare (tant’è che si fa sempre meno). Eppure per M. Murgia, unica voce femminile del quartetto, contro le sporche e fasulle ritualità della società attuale «[…] basta un solo uomo per fare tutta la differenza che serve»: un concetto di impegno che trasuda dalle sue parole, dalle meticolose e spesso prolisse descrizioni della Sardegna, sua terra d’origine, dove s’impara a riconoscere il valore delle singole conquiste.
Accanto all’eccessiva solidità degli stralci di realtà sarda, immersi nella luce di un momento immortalato, spiccano la malinconia dolente di A. Bajani – «il presente […] è il tempo che si è rotto, l’orologio della stazione di Bologna con l’ora ferma all’esplosione» – le livide, coinvolgenti involuzioni mnemoniche di G. Vasta, la lucida ironia di Paolo Nori e dei suoi “flussi di impressioni”. Quest’ultima, forse, parte migliore di un libro-diario che non si diverte ad interpretare, solo a dire, ma il cui implicito obiettivo è raggiunto laddove chi legge è spinto a rileggere, chi scrive a riscrivere, chi risponde a chiedere. Soprattutto a chiedersi.
- Genere: Narrativa italiana