Orecchie per vedere // Eduardo dopo Eduardo
Dall’Aula Magna dell’Università La Sapienza, grazie al Centro Teatro Ateneo, una bella iniziativa per celebrare l’arte immortale di Eduardo: un incontro che ha unito interpreti, studiosi e studenti in un unico abbraccio.
“Li giochi so’ fernute, sì lo so, dietro le quinte la morte mi aspetta. Una sera mi verrà incontro e mi domanderà: voi siete De Filippo, è vero? Sì, signora sono io” le risponderò. E lei: “me ne dispiace, ma mo’ ce ne dobbiamo andare insieme.” È Isa Danieli a pronunciare queste parole. È la mente immaginifica, conoscente e coscienziosa, dell’anima di Eduardo De Filippo, di Enzo Moscato ad averle scritte per lo spettacolo Ta-kai.ta (Eduardo per Eduardo) il cui debutto al Napoli Teatro Festival risale al 2012 (ne abbiamo scritto a suo tempo una recensione, qui), e che ora echeggiano nell’Aula Magna dell’Università “La Sapienza” di Roma e risuonano nella mente, nel cuore e nel ricordo per provare a raccontarci una storia che noi giovani, studenti presenti in aula, possiamo solo limitarci a ricostruire, ad assorbire. Una storia piena di fascino, di amore per il teatro e di gelo.
Quella che si è svolta il 28 maggio, una delle tante iniziative partite in occasione del trentennale dalla morte del drammaturgo napoletano, non è stata però una serata commemorativa e non voleva di certo esserlo. È stato piuttosto un incontro con il poeta, con le sue poesie e la sua poetica e con il suo ultimo lavoro, di stampo filologico, ovvero la traduzione de La Tempesta di Shakespeare voluta da Einaudi per la collana Scrittori tradotti da Scrittori e presentata per la prima volta in quella stessa aula dal suo autore acquisito ancora in vita. Era il 29 maggio dell’84 ed Eduardo si rivolgeva agli studenti di allora, illustrando l’importanza delle parole, del loro colore. Un argomento che gli stava a cuore, esposto in una delle sue poesie più celebri. “L’autore della tempesta aveva scelto bene il colore delle parole. Io conoscevo la tavolozza napoletana” con questa affermazione Eduardo chiudeva il suo discorso in occasione della presentazione de La Tempesta, alla quale assistiamo in video. Lo scroscio di applausi che ne seguì allora si unisce al nostro in sala, in un unico forte plauso, un connubio di generazioni, un rito di passaggio.
Eduardo non si era limitato alla mera traduzione ma si era imbattuto in un lavoro minuzioso e attento di restituzione del senso e del colore delle parole del testo shakespeariano e per farlo si era servito di una lingua ibrida, creata ex novo, vicina al napoletano del ‘600, alla lingua di Basile de Lo Cunto de li Cunti, a quella di Cortese. A quel tempo De Filippo era docente presso “La Sapienza” di Roma principalmente per volere di Ferruccio Marotti, allora direttore del Centro Teatro Ateneo, che, come egli stesso racconta intervistato da Antonio Audino, presentatore della serata, dovette faticare e non poco per imporlo al resto della commissione. “Ci furono allora ben 18 astensioni”, confessa. Il mondo dello spettacolo non era ben visto da quello accademico ma la lungimiranza di Marotti fu tale che è grazie alla sua immaginazione e caparbietà che abbiamo oggi la registrazione audio de La Tempesta con la voce di Eduardo che dà vita a tutti i personaggi – tranne a quello di Miranda, unica figura femminile, alla quale fu Imma Piro a prestare la sua voce, e che ritroviamo in quest’incontro, testimone e partecipe di un’impresa dura, folle, sfrenata, della quale Gianfranco Gabiddu ci racconta la genesi e alcuni particolari.
La serata è intervallata da alcuni passi tratti da La Tempesta napoletana frutto di tanta dedizione. La voce di Eduardo sembra si stagli sul dipinto restaurato di Sironi che copre l’intero fondale dell’aula ed un gioco di luci e ombre, come frequenze, pare si divertano a mettere in luce la fitta schiera di figure che popolano l’enorme quadro. “Ma le scene a che cosa possa portare se non ci sono le parole?” rifletteva a voce alta De Filippo. Poi però le scene vennero inserite, ma non furono uomini in carne ed ossa a narrare le vicende di Prospero e della sua isola incantata bensì marionette, quelle realistiche della Compagnia Carlo Colla e figli, che con La Tempesta di Eduardo inaugurarono al Teatro Goldoni la Biennale di Venezia. Ospite anche il figlio Luca De Filippo che recita alcune poesie del padre: ‘O culore d’e pparole e ‘O mare, e sembra davvero di vederlo il mare ca’ sta facenno o’ mare, che s’aiza e l’onne saglieno primm’ a palazz’ ‘e casa e po’ a muntagna. Forse le “orecchie per vedere” Eduardo voleva che le mettessimo un po’ ovunque, voleva che lo facessero in particolare le nuove generazioni che a Luca stanno tanto a cuore. È per loro che continua a portare avanti i lavori del padre in palcoscenico e ad assicurarsi che la sua eredità artistica confluisca sempre in forme che ne rispettino la storia. Unico custode di un patrimonio da tutelare, affinché l’arte del padre possa essere un punto di partenza non di arrivo, perché possa servire ai giovani come bagaglio da integrare e tramandare; e da cui ripartire, affinché l’arte di Eduardo De Filippo possa trasformarsi in nuova materia vitale che non morirà mai. Solo così il suo cuore potrà continuare a battere, sotto altre forme, anche se si è fermato.
Che questa iniziativa possa essere spunto di ricerca, motore di indagine da parte dei giovani. Questo è quello che sicuramente si augurano Luca De Filippo e tutti gli studiosi che sono intervenuti durante la serata: oltre a quelli già citati, Valentina Valentini, Rosy Colombo e Nicola De Blasi.
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- Titolo originale: Orecchie per vedere - Eduardo dopo Eduardo