One Up. Creativity, Competition, and the Global Business of the Videogames
Poche persone comprendono davvero il business legato all’industria videoludica, scrive Joost van Dreunen – economista videoludico e analista di mercato – nella prefazione del suo libro sulla storia, appunto, del business videoludico One Up. Parla del grande pubblico, che considera ancora il videogioco come un fenomeno strano, nonostante orde di persone armate di smartphone setacciano le strade della propria città in cerca di Pokemon digitali o giochino a Fortnite nelle loro stanze, testimoniandone come esso sia diventato ormai un media mainstream. Ma parla anche degli addetti ai lavori, che spesso hanno ancora la convinzione che gli artisti e i designer creino tutto il valore, mentre analisti, economisti ed esperti di marketing sono mercenari senz’anima che aggiungono poco al prodotto. Il fatto che il videogioco sia ormai diventato un media allo stesso livello delle industrie cinematografiche e musicali – che al contrario sono ampiamente documentate – con tutte le conseguenze micro e macroeconomiche che ciò comporta, sembra una nozione che non permea in nessuno.
One Up sembra un libro fatto di sorprese: di investitori che pompano tonnellate di denaro in un settore che non capiscono, di giovani creativi che entrano ne settore senza un vero e proprio piano finanziario, con idealismo bohemien (e incredibilmente ingenuo). L’industria videoludica non è un oggetto misterioso in cui pompi arte ed estrai miliardi, dice Van Dreunen. È più una quercia che cresce in maniera silenziosa da quarant’anni come risultato della continua evoluzione tecnologica ed economica, di focus e specializzazioni intelligenti ma anche di scelte stupide.
Sia per chi ha già delle basi sia per chi è totalmente vergine dell’argomento, One Up è un ottimo riassunto molto solido e concreto. Van Dreunen ci prende per mano e ci accompagna passo passo partendo dall’inizio, quando il videogioco era solo un dispositivo acquistato in un negozio, al futuro delle piattaforme su sottoscrizione alla Netflix ma per i videogiochi e all’emergere degli e-sports, che con le loro competizioni inseriscono anche una dinamica “dal vivo”. La crisi videoludica degli anni ’80 è stata descritta molte volte in passato, ma Van Dreunen è ben attento a separare il mito dalla realtà: non è stato il fallimento del singolo videogioco a mettere in ginocchio l’intera industria, ma l’incapacità delle grandi compagnie di comprendere che il loro pubblico desiderava un intrattenimento di alta qualità, piuttosto che dei meri giocattoli di massa.
Van Dreunen non indugia molto sui fatti, ma procede speditamente nella narrazione delle vicende. One Up prova ad illustrare tendenze generali attraverso esempi di casi individuali, e soprattutto attraverso numeri e dati: se le compagnie dell’industria videoludica spesso sono creature misteriose che nascondono gelosamente molti dei loro numeri, il libro apre invece alcuni squarci, attraverso la ricerca qualitativa e quantitativa di informazioni, in grado di dare degli insight sull’industria videoludica stessa.
Dietro questi squarci, infatti, troviamo un settore in cui anche i colossi dopo un flop possono ritrovarsi sull’orlo del baratro, e in cui vengono ideati e messi in pratica continuamente nuovi modelli di business e di guadagni. Questa velocità si rende necessaria: negli ultimi quindici anni di vita del medium, i cambiamenti artistici, tecnologici e di marketing hanno imperversato nel settore. L’ascesa dei giochi mobile ha aperto le porte a nuove startup e compagnie innovative, perché i big del settore sono stati troppo lenti ad imparare a rispondere a questo nuovo mercato. La digitalizzazione ha costretto i negozi di videogiochi a introdurre nella loro attività la vendita dell’usato. Allo stesso tempo, Van Dreunen ci racconta che i grandi player delle console come Sony e Microsoft sono sopravvissuti reinventandosi da un lato come fornitori di servizi online e dall’altro producendo nuovi hardware e console a buon mercato. Se è possibile trovare una linea in tutto questo, è una sola: ampliare, ampliare, ampliare.
Oggi che l’età media dei videogiocatori è ormai da tempo intorno ai 30 anni, e le nuove generazioni di appassionati stanno trasformando i vecchi professionisti, finalmente si sta facendo di più sulla storiografia del gaming. Ma lavori recenti come la serie documentaria di Netflix High Score spesso annega nella nostalgia e nel giovanilismo. One Up, invece, mantiene la calma. “Oggi tutti sono dei giocatori” non è uno slogan lanciato da Van Dreunen nel libro, ma una constatazione: la quercia del business videoludico, crescendo, si è intrecciata con tutti i gruppi target. Il libro fornisce una prima mappa per orientarsi per chiunque volesse addentrarsi