Lambchop – FLOTUS
Gruppo storico statunitense in continua ricerca espressiva, i Lambchop capeggiati dal frontman Kurt Wagner fanno dono della loro ultima fatica dal titolo FLOTUS, anagramma di For Love Often Turns Us Still («l’amore spesso ci rende immobili»).
Influenze hip hop ed R’n’B, effetti voce e incursioni elettroniche sono gli elementi che caratterizzano quest’album (il dodicesimo in ben ventiquattro anni di carriera) e fanno di Flotus un disco che ben si colloca nel percorso “alternative country” che il gruppo ha già cominciato a tracciare con i precedenti lavori.
Ad un primo tentativo di ascolto l’album potrebbe risultare poco omogeneo, soprattutto se si accostano pezzi come ad esempio la title track Flotus, dalle atmosfere rilassate, e The hustle, brano di ben diciotto minuti, caratterizzato da un ritmo continuo interrotto solo a tratti da una tastiera che alla fine del brano diventa una coda e che in una dimensione sinestetica consente di leggervi dei puntini sospensivi. Tuttavia è possibile avvertire in ogni singolo brano una certa raffinatezza che si ritrova nella dimensione soffusa del ritmo e proprio nell’utilizzo dell’auto-tune che modula la voce di Wagner. In quest’album – infatti – la voce del frontman, protagonsita dell’intero lavoro, subisce le dilatazioni degli effetti del vocoder fino a risultare talvolta “smagliata” e comunque del tutto funzionale a quella che vuole essere la traccia stilistica dell’intero disco, allo stessto tempo insieme alla ricerca di una dimensione raffinata nell’uso dell’elettronica che risulta sofisticata ma al tempo stesso minimalista.
Elettronica ma anche hip hop e “slow country” se si presta attenzione a In care of 8675309, mentre atmosfere lounge si fanno spazio in brani come JFK e Howe, ed ancora in Niv i suoni connotati da un continuo tema di fondo – a tratti anche ridondante – diventano quasi metallici.
FLOTUS insomma risulta frutto di un lavoro libero da qualsiasi tentativo di irrigidire l’identità del disco in una definizione lineare dello stesso, anzi, esso prende corpo proprio nell’essere inaspettato, di certo non scontato, nella personalità che si definisce attraverso gli undici pezzi dell’album. Il tutto si snoda seguendo il fil rouge della manipolazione vocale e di un approccio cantautoriale che permette a Wagner e compagni di fare un piccolo salto in avanti anche rispetto al contenuto dei brani.
FLOTUS è un disco che va ascoltato più volte ed assaporato con attenzione per poterne apprezzare tutte le sfumature, esso infatti si distacca dalle sensazioni voraci che la maggiorparte della musica contemporanea lascia già al primo approccio e si inserisce in una dimensione slow che richiede un’intenzione di ascolto che va al di là dell’emozione immediata e della facile fruizione.
Potrebbe essere il momento giusto: tra pochi giorni sarà possibile ascoltare i Lambchop anche dal vivo; essi infatti si esibiranno in Italia in tre date, il 3 marzo a Ravenna, il 4 ad Avellino e il 5 a Roma. Varrà quindi la pena apprezzare dal vivo un gruppo che potremmo senza dubbi definire impegnato nella continua ricerca musicale e nel garantire performance di sicuro successo in un panorama musicale caratterizzato, ahinoi, troppo spesso oggi da dinamiche accomodanti e dalla prevedibilità.