Angel Olsen – My Woman
Con l’uscita del nuovo album, Angel Olsen, ventinovenne cantante statunitense, sembra non aver voluto rinunciare a sperimentare più generi musicali e più declinazioni delle proprie potenzialità artistiche.
“My woman” è infatti un disco diviso in due parti, di cui la prima d’impatto dalle tonalità grunge, dove si incontrano brani come “Shut up, kiss me” e “Not gonna kill you” dove gli effetti sulla voce dell’artista fanno pensare al sound di Courtney Love, frontwoman delle Hall. Fa eccezione “Intern”, il brano che introduce all’album, tentativo di pop-elettronico che lascia subito il passo a “Never be mine” dove la voce della Olsen, trascinata ed al contempo cadenzata, ricrea un arrangiamento che ricorda un rock lamentato anni cinquanta. E’ la volta quindi di brani più incisivi come “Give it up”, che esordisce con echi nirvaniani e continua in un atmosfera da simil-rock psichedelico.
Sono le capacità vocali dell’artista a trascinare l’ascoltatore da una parte all’altra dell’album dal momento che “Heart shaped face” introduce tutt’altro mood fatto di brani intimi e dilatati, in cui si alternano brani melodici a ballate folk meditative. In questa dicotomia dell’album si inseriscono anche sferzate pop come in “Those were the days” dove la chitarra, intervallata dal ritmo dettato dai piatti di una batteria, fa da corredo alla voce dell’artista che in questo brano diventa languida ed evocativa in maniera funzionale al contenuto. Camaleontica e sapiente interprete di atmosfere continuamente diverse, la voce della Olsen, graffiante come le corde della chitarra sfregate sotto le dita, a tratti melodica, riesce a coinvolgere l’ascoltatore in un percorso eterogeneo come a voler snocciolare attraverso di esso il racconto dell’essere donna. Lunghi brani riflessivi come “Woman” o “Pops” che chiude il disco o la già citata “Heart shaped face”, dove parole e musica sembrano essere state lasciate a decantare allo scopo di concedere a chi ascolta il lusso di assaporare lentamente le sonorità.
Dopo i primi due album composti prevalentemente da brani malinconici, Angel Olsen intraprende la strada della ricerca della propria identità musicale e ciò lo si avverte dalle incursioni nei vari generi declinati in questo album. La sua voce flessibile sembra farle dono della possibilità di appropriarsi in maniera del tutto personale degli ambienti musicali esplorati e tutto ciò le consente di veicolare la fruizione di questo suo ultimo lavoro che è in effetti uno storytelling di un processo di autoconsapevolezza e di continua ricerca musicale e personale, come si evince d’altronde dal titolo stesso. Il disco richiede quindi la necessaria libertà di lasciarsi scivolare tra un pezzo e l’altro e forse il fil rouge, che fa sì che l’ascolto resti comunque fluido e piacevole, è proprio il tema centrale e caleidoscopico dell’identità femminile intorno al quale l’artista ha voluto costruire un progetto musicale che fosse un chiaro punto di cesura con la produzione precedente ed una significativa occasione di crescita artistica.