Motus – Come un cane senza padrone
I Motus riportano in scena uno spettacolo tratto dal loro progetto su Pasolini di alcuni anni fa
Il palcoscenico ospita sul suo fondale tre pannelli video. E’ in atto un forte temporale in un luogo di campagna, dove la speculazione edilizia sta prendendo piede; la voce di Pier Paolo Pasolini si confonde tra il rumore della pioggia scrosciante e quello dei tuoni che illuminano gli schermi. Sulla ribalta un altro proiettore trasmette ora la stessa cosa. La figura di una donna adagiata su una sedia di pelle nera aspetta il cessare della pioggia per posizionarsi di fronte al leggio. Sullo sfondo ha inizio un ossessivo viaggio in macchina tra le strade di una Roma notturna, alla ricerca di qualcosa. Forse è lo stesso Pasolini che vaga. Quelli che si accinge a leggere la nostra narratrice al leggio sono gli appunti 58-62 che Pasolini scrisse pensando a Petrolio, suo ultimo romanzo rimasto incompiuto. Emanuela Villagrossi con grazia, eleganza e allo stesso tempo con un’energia viscerale tiene incollati i presenti alla sua persona più che allo schermo posto in ribalta, dove la storia prende vita. Siamo nell’Italia degli anni ’70, Carlo (Dany Greggio) è un ingegnere dell’Eni che si scopre donna, ha due seni, una vulva e desideri femminili. Carmelo (Franck Provvedi) è un cameriere, un estraneo, “L’ospite” che genera frattura. Durante un pranzo di lavoro, attraverso semplici gesti, una ricompensa e un numero di telefono riposto nel palmo della mano di Carlo, Carmelo entra nei suoi pensieri. Ciò che il borghese Carlo prova non è amore ma qualcosa di molto simile: è l’impulso di essere posseduti. Pasolini in uno dei suoi appunti scrive che l’essere posseduti è ciò che è più lontano dal male, l’unica esperienza del bene, come grazia, vita allo stato puro, cosmico. Ed è così che Carlo si ritrova in una periferia malfamata, accarezzato sulla nuca da Carmelo come un cane, anzi una cagna. Sul finale il deserto, tema che accomuna Pasolini e i Motus: per il primo una presenza costante, un luogo per mettersi in gioco, per i secondi un motivo di ricerca.
Come un cane senza padrone è uno studio, frutto del lavoro fatto su materiali preparatori, letture trasversali e appunti video a opera di Simona Dacci per un altro allestimento, L’Ospite, tratto dal romanzo Teorema. I Motus si muovono infrangendo i limiti del teatro, contaminando lo spazio scenico con altre forme di espressione artistica, in questo caso utilizzano proiezioni video mescolate con l’effetto fascinatorio del cinema. Quello che è andato in scena all’Angelo Mai è un arrangiamento nuovo della performance, manca la presenza fisica dei due attori che compaiono solo sullo schermo e la famosa alfetta, l’ultima macchina appartenuta al regista. Nulla manca invece all’efficacia del coinvolgimento, tutto è perfettamente al suo posto. La voce calda, sensuale ed enigmatica di Emanuela Villagrossi accarezza i nostri sensi e la nostra anima; le parole di Pasolini restano vivide, intelligenti, scandalose.
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- Titolo originale: Come un cane senza padrone