Mockba Underground. Ca’ Foscari porta in Italia la pittura astratta russa.
Mockba Underground – Pittura astratta russa dal 1960, è il titolo della mostra che presenta, per la prima volta in Italia,110 opere della prestigiosa collezione privata di Aleksandr Reznikov.
Esisteva un’arte di dissenso nell’URSS di Chrušcëv? E come si esprimeva? A queste domande riponde con un’ampia documentazione iconografica la mostra in corso a Ca’ Giustinian dei Vescovi, nello spazio espositivo dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. La sede, 800 metri quadrati di sale decorate da camini e soffitti d’epoca e affacciate sul Canal Grande, è già una rarità nel panorama degli spazi espositivi delle università italiane. La mostra, più che una rarità, è un unicum.
Promossa dal Centro di Alti Studi sulla Cultura e le Arti della Russia – CSAR e dall’Università Ca’ Foscari Venezia, l’esposizione traccia un percorso dell’arte russa non ufficiale, nata dopo la morte di Stalin nel 1953 e divenuta presto una sorta di “contestazione made in URSS”. Una protesta che investì una parte della vita artistica durante il cosiddetto disgelo chruščëviano, ma rimase underground e in gran parte clandestina. Un dissenso personale che non divenne mai collettivo e si espresse attraverso una molteplicità di linguaggi autonomi non assimilabili a una precisa corrente. Nacquero così piccoli e numerosi circoli di artisti e scrittori che sostennero le diversità e le specificità dei singoli piuttosto che un programma artistico comune.
Furono del tutto assenti i manifesti, che avevano caratterizzato le avanguardie degli anni Venti, ma anche programmi e identità di mezzi espressivi. Il silenzio forzato in cui vissero e lavorarono questi artisti rende i loro nomi poco conosciuti se non del tutto ignoti in Italia: Elij Bljutin, Julo Sooster, Vladimir Jankilevskij e molti altri lavorarono nel privato degli spazi abitativi e furono costantemente contestati e censurati dal regime. “Non avevamo una piattaforma artistica comune o degli orientamenti precisi” ricorda Jurij Sobolev. “Si trattava solo di andare a visitare gli studi dei pittori, scambiarsi informazioni, imparare assieme. Nient’altro”.
La mostra, curata da Silvia Burini e Giuseppe Barbieri, racconta tante storie e lo fa con un buon apparato interattivo che permette al visitatore di esplorare documenti d’archivio, fotografie e mappe dei luoghi in cui quest’arte sotterranea nacque e si sviluppò. Un mosaico di parole e colori che rivela un frammento di storia dell’Europa che fu.