Michele Santeramo: drammaturgie della riflessione
«L’esserci è sempre in una modalità del suo possibile essere-temporale. L’esserci è il tempo, il tempo è temporale». (M. Heidegger, Il concetto di tempo, a cura di Franco Volpi, Adelphi, Milano, 1998, pp. 48-49)
In occasione del debutto di Leonardo da Vinci. L’opera nascosta di Michele Santeramo il Teatro Era di Pontedera ha dedicato due weekend all’autore pugliese, replicando Il Nullafacente (che debuttò lo scorso marzo 2017), la settimana precedente alla prima del nuovissimo lavoro.
I due spettacoli sono legati in particolare dalla meditazione sul concetto di tempo: sia in senso ontologico, dunque, assoluto, eterno, immutabile, come nelle teorie heideggeriane s’identifica la vita interiore all’essere vivente; sia scientificamente, con il concetto di relatività e con accenni al tempo termico, teoria del fisico Carlo Rovelli.
Le considerazioni che hanno dato vita alle due opere sono il frutto di un intenso lavoro di rielaborazione di letture e di fonti cinematografiche, creatrici di personaggi che hanno scelto di autoescludersi dal contratto sociale e dai ritmi imposti dalla contemporaneità. In un’intervista pubblicata su ‘Altre Velocità’ (intervista a cura di Rodolfo Sacchettini, andata in onda su Rete Toscana Classica), Michele Santeramo affermava di aver impiegato cinque anni per scrivere Il Nullafacente, perché parte di quel tempo era servito ad assorbire e a “dimenticare” tutte le fonti di riferimento (come la narrativa di Italo Calvino, il romanzo Oblomov di Ivan Goncharov o Il grande Lebowski dei fratelli Coen) per iniziare il lavoro ex novo, partendo dagli spunti di riflessione lasciati da questi grandi testamenti culturali.
Il Nullafacente con la regia di Roberto Bacci racconta una storia semplice: un uomo, a causa della moglie morente di un male incurabile, decide di smettere di agire e si sottrae ad ogni obbligo imposto dalla società in cui vive per recuperare un suo tempo individuale. Da questa storia Michele Santeramo apre una porta sulla difficile problematica di stampo filosofico e scientifico sul tempo privato o, secondo Heidegger, il tempo dell’ente che non può misurarsi sulle necessità altrui e sui bisogni indotti dalla realtà frenetica che circonda l’uomo. Le riflessioni e gli interrogativi del Nullafacente si pongono come antitesi alla visione dominante che vede l’uomo immerso nelle proprie frenesie quotidiane, distratto continuamente dal lavoro, dagli obiettivi personali e lavorativi, da preoccupazioni e problemi famigliari. La riflessione sul tempo è nello spettacolo in stretta relazione con le problematiche della vita collettiva, del vivere con gli altri e con le esigenze materiali derivanti dall’esterno, ossia i bisogni indotti dalla società postmoderna ma che in fondo (con qualche differenza) hanno caratterizzato da sempre lo stile di vita occidentale con l’ossessione per il denaro e la tendenza all’utilitarismo delle società post-industriali.
La riflessione è ripresa e approfondita nell’ultimo testo Leonardo da Vinci. L’opera nascosta, una favola pensata per la lettura drammatizzata e narrata in scena dall’autore. La storia, completamente inventata come precisa Santeramo all’inizio, è sviluppata sulla base di una cernita di nozioni biografiche su Leonardo da Vinci, sulle quali l’autore costruisce una storia fantastica dal sapore distopico, che esplora da un’altra prospettiva il senso della vita umana. Leonardo scopre il segreto della vita nell’equilibrio del corpo e dell’anima dell’uomo, e crea un paese della vita eterna dove l’uomo deve essere disposto al bilanciamento delle sensazioni: passione, ricordo, amore, denaro, vizio sono eccessi che turbano la quiete dell’uomo e lo fanno sprofondare nell’instabilità e nella disorganizzazione del tempo privato e intimo.
Due prove di grande capacità autoriale, che portano Santeramo sul palcoscenico in due diverse forme di spettacolo: quello agito e quello narrato. In entrambi i casi lo spettatore sembra avere una parte determinante nella costruzione dello spettacolo; è chiamato continuamente all’attenzione dalla scena con quesiti e asserzioni dirette: «Per voi perdere tempo è diventato il modo di passare la vita!», da Il Nullafacente; o il leitmotiv «voi lo sapete già!» della voce narrante in Leonardo da Vinci. L’opera nascosta.
Gli antieroi controversi di Santeramo affascinano perché sembrano essi stessi proiettati fuori dal tempo, capaci di offrire risposte incredibilmente semplici alle domande eterne dell’uomo. I due testi sono degni di nota soprattutto per la capacità di ramificazione dei sottotemi che partendo da una storia basilare e un tema cardinale guidano lo spettatore attraverso i dubbi e le incertezze sul senso della vita e sulla possibilità di essere felici. L’autore offre un’altra prospettiva di sguardo sull’importanza dell’individualità e la capacità di sottrarsi – per dirla alla Calvino, «all’inferno che abitiamo tutti i giorni» – per provare a creare un proprio spazio-tempo, e spronare il singolo verso la conoscenza interiore.
Michele Santeramo si annovera fra glia autori italiani più interessanti nel panorama teatrale nazionale, è vincitore nel 2011 del premio Riccione con Il Guaritore opera finalista al Premio Ubu 2014 per la performance dell’interprete Michele Sinisi; nel 2013 il suo testo La prima cena vince il Premio Associazione Nazionale Critici di Teatro – ANCT.
Nel 2014 vince il premio Hystrio alla drammaturgia, e da quattro anni collabora con il regista toscano Roberto Bacci, direttore artistico del Teatro Era, per il quale ha scritto Alla luce, uno spettacolo che esplorava, attraverso la metafora della cecità, l’incapacità di discernimento dell’uomo moderno, e la rassegnazione a una vita d’inganno. Ha scritto i romanzi La rivincita (2014), Oltretutto. Più vicini a Don Tonino Bello (2017); e conduce attività di formazione alla scrittura teatrale.