Arti Performative FOG

Michele Lamy – Nico Vascellari – Scarlett Rouge // Lavascar

Maria Ponticelli

Sono le 21 del 9 marzo 2018 quando alla Triennale di Milano inaugura FOG – il festival dedicato alla scena performativa contemporanea – che vede in programma numerosi spettacoli pronti a riempire, fino al prossimo 5 giugno, il Teatro dell’Arte del capoluogo Lombardo. Nella stessa notte, insieme alla serata inaugurale del festival, la Triennale ospita 999, ovvero 9H 9′ 9, una non-stop di musica e mostre aperta al pubblico fino alle ore 6:09 del mattino seguente, in grado di far registrare ben ottomila ingressi che si concentrano soprattutto intorno alle ore 2, quando scatta il free entry.

Questo basterebbe a spiegare la confusione e le difficoltà nel gestire la lunga fila di persone che si accalca al desk per ritirare i biglietti acquistati per lo spettacolo teatrale; c’è da dire però che lo spettacolo Lavascar, che inaugura appunto la prima serata, ha già da qualche giorno registrato il tutto esaurito, ma evidentemente qualcuno non ne è al corrente e spera di poter accaparrarsi un ultimo biglietto. Risultato: l’esibizione comincia in ritardo e molti si affrettano ad entrare nelle sale del teatro mentre dall’esterno già si ode il ritmo incalzante di una grancassa.

Il trio Lavascar prende il nome dalle persone che lo compongono e che sono: Michèle Lamy, personalità eclettica ed imprenditrice di successo nel mondo della moda, Nico Vascellari, artista visivo e performer, e Scarlett Rouge, artista e figlia della stessa Michèle Lamy. Lavascar è un inedito progetto sonoro che nel 2017 ha registrato il suo primo album – dal titolo A dream deferred – presentato per la prima volta al pubblico lo scorso dicembre al centro Pompidou di Parigi e che debutta in prima italiana proprio qui a Milano nell’ambito di FOG. Lavascar intende ricreare la scena di una rielaborazione onirica del malessere e dei turbamenti contemporanei rivisitati in chiave ancestrale e scanditi da ritmi musicali ansiogeni, a tratti inquietanti, che si innestano coi versi di alcune poesie tratte da A Dream Deferred di Langston Hughes, poeta preferito di Michèle Lamy.

La performance si apre con Vascellari che disegna il ritmo dell’esibizione con alle sue spalle un synth che gli fa da spalla. All’estremità opposta del palco c’è Michèle Lamy: corna di alce sul capo e costumi da creatura delle caverne, l’artista francese di origini algerine interpreta con voce greve i versi di Langston Hughes. Sul fondo del palco campeggia un grande schermo che si intravede appena nel generale buio che riempie la scena, lasciando in luce soltanto i due artisti che polarizzano l’energia della performance. In questa prima parte dello spettacolo il design delle luci diventa un oggetto/soggetto della scena stessa guidato da Scarlett Rouge e da un’altra presenza non meglio definita che, danzando insieme, fanno sì che la luce oscilli come un pendolo agganciando lo sguardo del pubblico su ritmo e recitato.

Lo spettacolo entra nel vivo quando la Rouge si avvicina ad un microfono posto a centro palco per dare vita ad una sequenza di versi dal carattere primordiale resi ancor più strazianti dall’intervento del sintetizzatore. L’atmosfera assume quindi i contorni sfocati della scena onirica che, per quanto surreale, poco si discosta dalla realtà; così la protagonista sogna di trovarsi in una grotta ed essere aggredita da bestie selvagge, evocazione degli istinti animali che in maniera latente si conservano nell’essere umano. Il richiamo alle radici più profonde dell’essere prede e predatori nell’era moderna viene esplicitata dal ritmo dettato da Vascellari e danzato da Scarlett Rouge che si sposta stavolta dietro lo schermo stagliato sul fondo. Le luci – manovrate adesso dalla cabina dei tecnici – conferiscono dinamicità alla figura dell’artista la cui ombra, proiettata sul bianco, avanza in perfetto sync con le percussioni.

La chiusura dell’esibizione vede Vascellari accompagnare Michèle Lamy in un inseguirsi di versi che si ripetono fino allo stremo (“The day people love, the night people cry”); l’interpretazione diventa un loop insistente ed estenuante in cui le corde vocali del performer italiano sembrano raschiate al fondo e la voce granitica della Lamy imbocca una strada in salita, mentre la giovane artista figlia della Lamy ritorna a centro palco per completare la performance con una danza tribale a perdifiato. Quando cala il sipario il pubblico sta già applaudendo da un po’, qualcuno invece guadagna presto l’uscita dirigendosi verso le sale dove sono allestite le mostre che l’ingresso allo spettacolo da diritto di visitare.

Alla Triennale questa sera l’arte si lascia fruire con voracità e senza limiti di tempo, con qualche difficoltà nella gestione dei numerosi eventi ma ripagando tutti con la qualità delle iniziative. La serata, continua con mostre, workshop, e dj set, l’appuntamento per FOG invece è per i prossimi 16 e 17 marzo con lo spettacolo Ballet du Nord/Olivier Dubois – Les Mémoires d’un seigneur.



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