Arti Performative

Marco Mario De Notaris – La notte di Scrooge

Marcella Santomassimo

Un classico natalizio rivisitato in questa versione di Mario Marco De Notaris per la Sala Assoli del Teatro Nuovo di Napoli.

In una stradina dei quartieri spagnoli, nel centro di Napoli, a due passi da una caotica e disomogenea via Toledo, affollata da sciami di persone intenzionate a godersi la città sotto le feste natalizie, si nasconde la Sala Assoli. C’eravamo già stati quest’estate durante il Napoli Teatro Festival, entusiasti di Monologhi del Caxxo di Carolina De La Calle Casanova e Valentina Scudieri, e ci ritorniamo per assistere a La notte di Scrooge trasposizione teatrale del romanzo di Charles Dickens, spettacolo sempre presentato nella sezione Fringe del festival napoletano e che non avevamo avuto occasione di vedere. Non sarà stato di certo facile ricreare l’atmosfera natalizia avvolti dalla calura delle serate estive, immersi nella Sala degli Angeli dell’Istituto Suor Orsola Benincasa, uno dei luoghi dell’edizione passata del festival, eppure lo spettacolo di Marco Mario de Notaris sarà sicuramente riuscito nel suo intento data la presenza in cartellone all’interno del circuito cultuale Fondazione Salerno Contemporanea. Le aspettative sono tante. Un testo visitato e rivisitato in grado sempre di stupire e di ricreare la magia del Natale, un classico insomma. Il comunicato stampa fa presagire una piacevole serata: un percorso onirico in cui ognuno può ritrovare il contatto con il proprio Natale. Parole pretenziose che durante il corso della pièce diventano addirittura assurde e senza senso. Assolutamente vuote così come questa notte di Scrooge. Ma procediamo con ordine. Marley, socio in affari di Ebenezer Scrooge, era morto, e questo è sempre stato chiaro a tutti, la notte di Natale di sette anni prima. La prima strofe del testo di Dickens viene illustrata con un sottofondo natalizio tale da coprire la voce di Marco Mario de Notaris che si affanna a introdurre la vicenda. La pedana del palcoscenico è circondata da lucine colorate a intermittenza e da due alberelli posti agli angoli del palcoscenico, anch’essi ricoperti da lucine, bianche. Al centro una struttura in legno funzionale a tutta la vicenda. Un’ambientazione, verrebbe da pensare in un primo momento, alquanto scialba. Il regista e attore in scena si spoglia presto dei panni del narratore per assumere le sembianze di Scrooge, peccato che la trasformazione risulta chiara solo grazie al cambio d’abito. Alle sue spalle sei personaggi seduti che entreranno in scena all’occorrenza. Primo di tutti il fedele e povero impiegato Cratchit e poi a turno il nipote e i tre spiriti che illustreranno a Scrooge il natale passato, presente e quello futuro. Senza contare la moglie di Cratchit e due figure che Scrooge incontrerà lungo il suo cammino verso casa. Niente di nuovo dunque rispetto alla tradizione e ci saremmo accontentati lo stesso se alla messa in scena non fosse mancata la cosa più importante di tutte: l’anima. In questo spettacolo non c’è traccia di anima. Non c’è intelligenza registica, né la piacevolezza della fruizione. Manca la bellezza della scena e l’adeguatezza dei costumi. Non c’è degna interpretazione ma c’è smantellamento, fretta di concludere. Marco Mario de Notaris nei panni di Scrooge pone fine allo spettacolo con la redenzione del suo personaggio, che da avido e spietato uomo d’affari si fa uomo buono e generoso verso il prossimo, si getta a terra ed emette un ultimo inatteso suono: finito!

Mentre i suoi attori distribuiscono, alternando uno spettatore sì ed uno no, un bicchiere di prosecco, forse per attutire il colpo, il regista riflette su cosa non ha funzionato, sul perché ci siano così poche persone rispetto alla sera precedente. E mentre lui s’interroga, la moglie di Cratchit, che avrebbe dovuto essere una signora dall’aspetto misero e povero, con la sua cintura in vita, il suo bel cardigan e gli stivali alti, non ha bisogno di cambiarsi, è già pronta per andare a cena.

All’uscita dalla sala i punti interrogativi sono tanti. Trattasi di uno spettacolo in cartellone, di una pièce che è passata attraverso il giudizio, ci piace pensare, attento del Napoli Teatro Festival e che anche all’occhio del più inesperto spettatore di teatro sarebbe apparsa di un livello assai basso, pari a quello delle recite scolastiche, per l’appunto, di fine anno. Auguriamo al regista un’attenta riflessione sperando che nei cartelloni dei teatri italiani non compaiano più scempi del genere.



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