M² di Dynamis: la salvezza dentro un metro quadro
È sempre più frequente andare a teatro e misurarsi con performance al confine fra gioco, arti sceniche e realtà, quest’ultima non intesa come simulazione del reale, ma come accadimento vero e proprio di azioni sulla base di un processo d’interazione con il pubblico. Un esempio è M², l’ultimo lavoro del collettivo romano Dynamis, andato in scena il 24 e il 25 febbraio a Vorno (LU) presso l’affascinante Tenuta dello Scompiglio. Si tratta di una “performance partecipata”, come gli stessi Dynamis amano definirla. Lo spettacolo porta con sé i tratti distintivi della compagnia, concentrando la propria forza sull’educazione all’attenzione: sia del pubblico, sia di chi presta il proprio corpo come oggetto performante all’interno del lavoro.
I Dynamis si sono formati a Roma nel 2007, sotto la direzione di Andrea De Magistris. Il gruppo è nato con l’intento di mettere la propria creatività artistica al servizio della ricerca e della sperimentazione nel senso più ampio possibile, senza restringere il campo all’ambito teatrale ma sperimentando con i mezzi di comunicazione e aprendo i propri interessi a diverse discipline.
M², infatti, nasce da un laboratorio per rifugiati politici condotto dalla compagnia a Roma, nel 2015, e mantiene nella forma le dinamiche del laboratorio, perché affida al caso la funzionalità complessiva dello spettacolo. Sul palcoscenico agiscono sette partecipanti volontari scovati precedentemente tra il pubblico poco prima dell’inizio della performance.
I volontari al lato destro del palco, disposti sul fondo aspettano di entrare uno per volta all’interno del campo delimitato (un quadrato di un metro per un metro). Una voce dall’alto impartisce loro ordini di movimenti o azioni particolari da farsi in gruppo, assicurandosi rispetto della disciplina e rigore grazie alla supervisione di un tutor, che sempre di più assume nel carattere i tratti di uno scafista armato di manganello. La duplice lettura dello spettacolo è chiara e diretta: un primo livello evoca il viaggio dei migranti su natanti di scarsa sicurezza, in balia di naufragi e maltrattamenti da parte degli scafisti e guardiani di bordo, e in questo senso il metro quadro è il paradosso di un’unità di misura limitata, un’area ridotta in cui uomini, donne e bambini cercano il proprio spazio di sopravvivenza dentro imbarcazioni non attrezzate ad affrontare viaggi in mare interminabili, che spesso causano morti per naufragio, ma anche per asfissia, mancanza di soccorsi, di acqua e di cibo. Il secondo livello scorre sotto il messaggio di attualità di natura sociopolitica, e consiste nella dimostrazione concreta inerente alle difficoltà di movimento reale che un gruppo di individui può riscontrare in una superficie così esigua. Così, questo spettacolo dei Dynamis si rivela nella sua apparenza uno studio su base sperimentale, di cui il pubblico può visualizzare o provare addirittura in diretta gli effetti. E il tutto è caratterizzato da una grande ironia che lascia spazio al divertimento, e quindi coinvolge il pubblico nel senso lato del termine.
M² si dimostra un esperimento di collaborazione sociale, dove un gruppo di sette individui sconosciuti cerca compromessi e collaborazioni: ballano l’uno accanto all’altro senza urtarsi, si fermano agli stop gridati dal tutor, trovano il modo di raggiungere una bottiglia d’acqua lontana dal loro confine, riescono a trovare un equilibrio rimanendo tutti e sette nel quadrato con otto gambe appoggiate, scelgono un leader sulla base di un voto, ma poi tornano ad essere un gruppo di individui alla pari.
L’impatto che emana la performance dei Dynamis si trasmette con forza anche per il contrasto dell’immagine evocata dalla situazione drammatica provata realmente dagli stranieri in mare e l’immagine che ci viene ricostruita sul palco da un gruppo d’individui appartenenti alla società occidentale, figlia della democrazia, in una situazione d’intrattenimento nella calma piatta di un luogo scenico. Due situazioni agli estremi, di cui si percepisce il divario enorme, straziante, e se ne resta amareggiati. Durante lo spettacolo si ride, certo, ma con l’amaro in bocca, pensando che in quel metro quadro qualcuno ci rimane ore ed ore; a lottare tra la vita e la morte, e attaccato alla speranza, perché in quell’unità di misura molto piccola e densamente popolata, qualche volta, risiede persino la salvezza.
Visto alla Tenuta dello scompiglio, Vorno (LU), il 24 febbraio 2018