Cinema Il Film della Settimana

L’uomo che bruciava i cadaveri

Gaia Apicella

The Cremator (Spalovač mrtvol) è un film del 1969 di Juraj Herz, conosciuto in Italia con il titolo L’uomo che bruciava i cadaveri, recentemente restaurato dal Czech National Film Archive. Spalovač mrtvol è tratto dall’omonimo racconto di Ladislav Fuks, che insieme a Juraj Herz si è occupato anche della sceneggiatura del film.

Siamo negli anni 30 in Cecoslovacchia, dove Karl Kopfrkingl (Rudolf Hrusínský) lavora nel forno crematorio del cimitero. Lui ama la musica, la famiglia composta dalla moglie Lakmé (Vlasta Chramostová), la figlia Zina (Jana Stehnová) e il figlio Mili (Milos Vognic), e dice di essere molto sensibile. Questa sua sensibilità e il rispetto per il prossimo sono accentuati dalla lettura del libro tibetano dei morti e dai principi del Dalai Lama, che gli fanno considerare la cremazione come unica via di salvezza per le anime. Dopo questo processo, secondo Karl, le anime staccandosi dal corpo diventato polvere, possono viaggiare nell’etere per poi reincarnarsi in altro. Per tutto il film, il protagonista, supportato da queste convinzioni, ricorda l’importanza della legge sulla cremazione e della fornace, che in 75 minuti permette di liberare le anime.

Con l’ascesa del Nazismo e l’aiuto di un suo vecchio amico, Walter Reinke (Ilija Prachar), conosciuto ai tempi della Grande Guerra, Karl riscopre le proprie radici germaniche e si perde in un continuo fanatismo per il partito che lo porta alla pazzia e alla follia, facendolo diventare il nemico della famiglia che tanto amava. E proprio il suo improvviso cambiamento con quest’ultima anticipa il finale crudo del film.

Guardando The Cremator, una delle prime cose che sicuramente colpisce è che all’interno della narrazione vengono inseriti elementi molto variegati, attraverso l’umorismo nero e dei toni estremamente grotteschi mescolati a quelli drammatici, facendo così diventare il film un inquietante horror. Questa particolarità la notiamo, per esempio, all’inizio del film, con il montaggio intellettuale che contrappone le immagini degli animali in uno zoo e a quelle di Karl e la sua famiglia. Oppure, successivamente, quando durante una festa indetta per convincere i presenti dell’importanza della cremazione e per esaltarla, Karl, che segue il buddismo tibetano, fa un discorso in cui inserisce anche la Bibbia, dicendo prima: “Dio sapeva quando disse: polvere sei e polvere ritornerai” e poi: “un crematorio è gradito a nostro Signore perché aiuta Dio ad accelerare la nostra trasformazione in polvere”.

Esteticamente The Cremator ricorda tantissimo l’espressionismo tedesco con l’uso del bianco e nero puro,  la fotografia tenebrosa che segue il protagonista nella sua perdita della ragione, le immagini surreali che rappresentano la sua mente, in cui si susseguono più personalità e atmosfere gotiche. Nelle inquadrature prevalgono primi piani forti e soggettive di impatto; sono frequenti inoltre le riprese degli occhi e l’uso di obiettivi grandangolari per dare maggiore dinamicità al film. Infine non mancano le riprese con il fish-eye, che descrivono maggiormente Karl e i suoi travestimenti.

Costante è la presenza della musica che oltre a risultare ipnotica, ha un ruolo fondamentale nella vita del protagonista così come nell’intera opera, e questo valore viene anche sottolineato da Karl quando più volte nel film dice: “Povero colui che muore senza conoscere la bellezza della musica”.

Notevole è la prova attoriale di Rudolf Hrusínský che riesce a rappresentare la psicologia singolare di Kopfrkingl e ogni aspetto, passando da calma e tranquillità a qualcosa di più macabro e assurdo, attraverso le sue espressioni ambigue, mostrando così sia l’eccentricità del protagonista sia i suoi numerosi tic ossessivi come quello per la morte o quello per il pettine che usa sempre per riordinare i suoi capelli, ma anche quelli dei defunti o delle altre persone vive che lo circondano.

Alla fine della seconda parte del film il nostro punto di vista coincide con quello del protagonista e abbiamo così modo di vedere la realtà come la vede lui e di capire meglio i suoi pensieri perfettamente in linea con il Nazismo, con Hitler e l’Olocausto; basti pensare alla parte finale in cui dice di lavorare a un progetto più grande: la costruzione di forni più capienti per la cremazione, che ovviamente ricorda il progetto di Hitler.

Insomma si tratta di un film  della New Wave Cecoslovacca ben riuscito e interessante, con una splendida regia e un montaggio veloce, in cui si trovano numerosi simbolismi tanto misteriosi quanto affascinanti, e basato su una narrazione solida e sconvolgente, da non perdere.


  • Diretto da: Juraj Herz
  • Scritto da: Ladislav Fuks, Juraj Herz
  • Tratto da: "Spalovač mrtvol" di Ladislav Fuks
  • Protagonisti: Rudolf Hrušínský, Vlasta Chramostová
  • Musiche di: Zdeněk Liška
  • Fotografia di: Stansilav Milota
  • Montato da: Jaromír Janáček
  • Distribuito da: Czech National FIlm Archive (Versione Restaurata)
  • Casa di Produzione: Barrandov Studios
  • Data di uscita: 14/03/1969 (Cecoslovacchia), 25/02/1972 (Italia)
  • Durata: 95 minuti
  • Paese: Cecoslovacchia
  • Lingua: Ceco

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