Arti Performative

Luke Crasswell e Steve McNicholas // STOMP

Marcella Santomassimo

In scena a Roma fino al 14 dicembre, gli Stomp d’Oltreoceano con il loro omonimo, celeberrimo spettacolo che mescola teatro, danza e musica, in un’esplosione di energie


 

Chi di voi ha mai provato a fermarsi ad ascoltare i suoni che provengono dalla cucina mentre vostra madre lava i piatti? Oppure mentre spazza a terra? C’è da credere che Luke Crasswell e Steve McNicholas l’abbiano fatto, eccome. Dalla loro fantasia e dal loro grande senso del ritmo è nato uno spettacolo di successo che, partito da Brighton nel 1991, ha percorso il mondo in lungo e in largo toccando più di 40 paesi: Parigi, Los Angeles, Tokyo e naturalmente l’Italia, dove numerosi sono i fan degli Stomp; un pubblico variegato ed eterogeneo di bambini, giovani, adolescenti ed adulti che fingono di accompagnare i più piccini ma finiscono con il divertirsi come loro.

La grande sala del Teatro Brancaccio è quasi piena, di fronte a noi una scenografia all’apparenza piatta, che all’occorrenza diventerà invece tridimensionale, ci riporta, senza riprodurle in maniera del tutto realistica, alle periferie americane. Segnali stradali, pentole, piatti, bicchieri, carrelli della spesa, lavelli da cucina, gli oggetti si animano sotto i colpi a volte frenetici, a volte energici, a volte impercettibili e sensuali degli Stomp. Un gruppo di otto performer, percussionisti, danzatori, attori, acrobati per uno spettacolo che mescola teatro, danza e musica.

Uno spettacolo muto che non sente affatto la mancanza delle parole, proprio come i vecchi film in bianco e nero, ma sorprende e affascina. La comunicazione attraverso il corpo, il ritmo e la musica sono la forza magica di STOMP. Lo spettacolo è diviso in quadri, ogni quadro è un’esplosione di suoni che partono dal basso per poi innalzarsi, esplodendo in energie mostruose. Gli Stomp vivono il palcoscenico entrando ed uscendo da una parte all’altra: si arrampicano per le scale, creano un contatto con il dietro le quinte e con il pubblico che li segue come se non aspettasse altro se non l’essere coinvolto. Gli Stomp hanno previsto tutti i momenti di maggiore partecipazione e gestiscono bene gli imprevisti come se anche quest’ultimi facessero parte della performance.

Tra di loro la sintonia è tangibile, i personaggi quasi tutti ben definiti. Bastano piccoli accenni, uno sguardo, per creare l’ilarità che il pubblico aspetta per fruire di uno spettacolo completo in cui non manca il momento poetico, quello del flamenco, ricreato con tubi di gomma. Bidoni d’acciaio o di plastica, vecchie cucine, scope, tubi, buste, palloni, pentole, piatti, scatole, ogni cosa ha un proprio suono che gli Stomp conoscono alla perfezione e sfruttano all’occorrenza; bidoni e cucine legati al collo come chitarre creano suoni che non hanno nulla da invidiare ad uno strumento musicale, carrelli della spesa grigi e scintillanti slittano avanti e indietro sul palcoscenico come in una danza. Spesso sono suoni aggressivi che fremono dalla voglia di uscire, e gli Stomp, muscoli e pura energia frenetica e vitale, li accontentano. C’è qualcosa dei riti tribali primitivi; c’è qualcosa che va oltre la pura fruizione dello spettacolo non immediatamente percepibile: un messaggio ecologista, una liberazione della fantasia che direttamente si è insinuata in quelle due ragazze che fuori dal Teatro provano, senza iniziali accenni di risultato, a far suonare i loro ombrelli. Forse basta anche solo aprirli, camminare e restare ad ascoltare.


Dettagli

  • Titolo originale: STOMP

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