LoveItaly! Il crowdfunding per i beni culturali
La piattaforma è gestita dall’omonima associazione presieduta dall’archeologo inglese Richard Hodges, che è anche a capo dell’American University of Rome. L’obiettivo è raggiungere finanziatori non solo italiani ma anche stranieri, e non a caso negli USA sono già nati gli Amici di LoveItaly! per dare la massima visibilità all’iniziativa.
Creare una comunità di piccoli e grandi mecenati però non è semplice, e se da un lato lo slogan “siamo tutti coinvolti” è in linea con l’idea di processi partecipativi della gestione della cosa pubblica, dall’altro le parole di Hodges riportate dalla stampa italiana “Petrolio, è questa la parola giusta per descrivere il nostro patrimonio culturale”, ricordano la nota metafora lanciata negli anni ottanta da Gianni De Michelis. “Non confondiamo la nostra identità nazionale, regionale, locale con lo sfruttamento di un giacimento petrolifero” scriveva Vittorio Emiliani nel 2013, e non si può dargli torto. Non dobbiamo contribuire alla tutela dei beni culturali solo perché porteranno più turisti, ma in primo luogo e soprattutto perché sono parte di noi e della nostra storia.
Il crowdfunding per i beni culturali in Italia ha già visto sporadiche iniziative di qualità e di successo (il servizio in porcellana di Meissen appartenuto alla famiglia Taparelli d’Azeglio acquistato da Palazzo Madama nel 2013) ma un coordinamento mirato su larga scala è sempre mancato. Inoltre sopra i 40mila euro di sponsorizzazione per legge l’investimento di un bene pubblico deve essere deciso nell’ambito di una gara, dunque gli interventi di restauro proposti con il crowdfunding dovranno necessariamente essere circoscritti e mirati, lasciando fuori la stragrande maggioranza di tutti quei beni che avrebbero urgente bisogno di interventi di recupero e di cui purtroppo le amministrazioni pubbliche non si fanno carico.