Lo Scaffale. “The Dome”
Il libro che ha ispirato l’omonima e fortunata serie tv arrivata in Italia dall’oltreoceano. Un’ “apocalisse in scatola” da riscoprire attraverso le parole del ‘Re del brivido’.
Più di una volta Stephen King ha voluto riflettere su una cosa chiamata caso – che esiste, a scanso dei sostenitori di quel presunto libro già scritto che sarebbe il destino. Ed è ancora una volta parlando di lui che il Re dell’horror ha deciso di introdurre i suoi lettori nella triste e insolita vicenda degli abitanti di Chester’s Mill, piccola cittadina americana che un’enorme cupola trasparente taglia all’improvviso fuori dal mondo, piovendo giù in un assolato e qualsiasi mattino di ottobre. The Dome – in originale Under The Dome, letteralmente e per l’appunto, sotto la cupola – comincia così, “in mezzo ai fatti”, con un incipit la cui anteprima fa subito il giro del pianeta e che vede protagoniste le prime vittime (casuali) dell’oscuro (ma non casuale) avvenimento: uno scoiattolo e i due passeggeri di un aereo turistico, tagliati – non fuori ma a metà – proprio come il resto del paese.
Naturalmente il nocciolo della questione ci mette poco ad emergere: è sempre il solito – ragion per cui King viene anche e non di rado preso in giro – ma con qualcosa di diverso, un quid che rende The Dome una fra le letture più pregevoli che lo scrittore del Maine abbia mai offerto nel corso della sua prolifica carriera. Sotto la cupola, ma soprattutto sotto la lente, c’è un certo tipo di società – specialmente, ma non per forza, statunitense – che King disseziona come un bambino usa fare giocando con gli insetti – formiche per la precisione: un paragone che ricorre spesso nelle oltre mille pagine del libro, ma con ben altri e più inquietanti echi. Come, d’altronde, nella stragrande maggioranza dei suoi romanzi: il leitmotiv kinghiano è quella provincia che si sta stretta e che si fa gretta, dove è vero come non mai il principio (metaforico) della scintilla a monte dell’incendio, dell’increspatura che diventa onda, del battito d’ali di farfalla mutato in uragano. Anche The Dome dunque, come altri suoi colleghi, sembra dire che il Male alberga nelle cose piccole, e che quest’ultime non ci mettono mai troppo a diventare grandi. Tuttavia, il quid di cui s’è parlato, che si unisce in maniera fortunata a un coro di personaggi di spessore ed a una ben riuscita ambientazione di “apocalisse in scatola”, dà a quest’opera un ulteriore livello di complessità, una chiave di lettura d’inaspettato fascino: l’idea che vi sia un’entità – non per forza unica, non per forza divina – che ci tenga sotto a un bicchiere di vetro e ci guardi morire solo per divertimento. Il concetto kinghiano di religione. Che scaturisce a sua volta dal ritratto, inedito e perciò magico, dell’interiorità umana; a riprova di quanto detto in precedenza sulle cose grandi che derivano dalle piccole. Ed è per questo che The Dome, sottovalutato da critica e pubblico (prima della recente trasformazione in serie tv di dubbio gusto), spicca fra i libri più particolari di King: perché è spirituale e astratto. Quasi un omaggio, non si sa quanto consapevole, agli incubi senza volto lovecraftiani.
- Genere: Romanzo; Fantascienza
- Altro: Traduzione di Tullio Dobner