Livia Grossi // Nonostante voi. Storie di donne coraggio
Una notte, Livia Grossi ha fatto un sogno strano. Un impiegato le chiedeva di compilare un questionario, necessario per rinnovare la sua “carta d’identità di donna”. Solo due opzioni possibili, lapidarie e semplicistiche: sì o no. Sei sposata? Sei l’amante di qualcuno? Sei la sorella di qualcuno? Hai un contratto stabile? Hai figli? Trovarsi ad inanellare tutte negazioni fa riflettere. D’altronde, da sempre, la società si aspetta che alla maggior parte di tali quesiti si dia risposta affermativa, per essere considerate “donne vere”. «Mai nessuno che chieda, ad esempio, “La tua vita ti rappresenta?” oppure “Sei felice?”».
Sorridiamo, in platea, anche se non possiamo vederci perché le restrizioni imposte dall’emergenza covid hanno fatto distanziare i posti. C’è una sottile complicità tra le spettatrici – non ce ne vogliano gli uomini presenti – di Nonostante voi. Storie di donne coraggio, andato in scena domenica 26 luglio al Giardino Romantico di Palazzo Reale per l’edizione 2020 del Napoli Teatro Festival Italia. Così come c’è con la giornalista del “Corriere della Sera” sul palco, che ha deciso di consegnare al pubblico un pezzo del suo lavoro. Divorziata, senza figli, freelance, Livia Grossi scopre le sue carte e non ha nulla da invidiare, in termini di presenza scenica, ad un’attrice. Lo sguardo fiero, la voce grintosa, la gestualità studiata e le giuste pause, ci accompagnano tra le tre storie, selezionate tra le tante ascoltate nel corso della sua carriera, che ha scelto di condividere attraverso un’altra forma, quella che lei chiama di “giornalismo parlato”.
Così, scopriamo che in Albania una donna che si ritrovi senza più maschi in famiglia, può decidere di diventare una vergine giurata: cambiare ufficialmente la sua identità di genere e diventare un uomo, ufficialmente accettata nei luoghi fisici e politici che solo agli uomini è consentito frequentare. Facciamo conoscenza con Puska, da 40 anni ufficialmente Pusk, e con tutto quello a cui ha dovuto rinunciare per poter ottenere dignità e diritti: i capelli lunghi, l’amore, la sessualità, una famiglia.
Arriva, poi, il turno di Maria. Il nome è inventato e non sappiamo nemmeno da quale specifico paese del Sud America provenga perché, dopo essere stata per 8 anni prigioniera politica (per nessuna reale ragione), ha chiesto asilo in Italia ed è ancora troppo rischioso rivelare la sua identità. È stata riconosciuta innocente, ma non ha potuto rifarsi una vita nella sua città perché poco importa la sentenza finale: «Il pregiudizio rimane, ed è contagioso», ci dice attraverso la voce di Livia.
Per finire, ci commuoviamo con Marietu ‘Ndaye, senegalese che, dopo aver visto morire una dopo l’altra, a distanza di un’ora, le sue figlie di 6 e 7 anni appena infibulate, si è ribellata contro questa barbara pratica, incurante delle critiche che avrebbe attirato su di sé. Ha lasciato il marito e, giorno dopo giorno, casa dopo casa, è diventata una portavoce della lotta contro la mutilazione genitale femminile, eseguita come simbolo di “garanzia” della verginità delle spose – che restano cucite nelle loro parti intime fino al giorno delle nozze – in tenerissima età.
Donne che parlano del loro mondo, il quale, per quanto geograficamente lontano e apparentemente diverso, è un pezzo del nostro, di quello di tutte. Della libertà negata, della sessualità demonizzata, della verginità esaltata a valore. Ma anche della forza che si può trovare ascoltandosi, perché «sono le storie, quelle che contano», e non quegli status che tanto, invece, interessano alla società.
Questo esperimento di giornalismo parlato è ben riuscito, piacevole e interessante nei contenuti; e presentato ottimamente dalla sua protagonista. Cosa manca? Più fluidità negli elementi tipicamente scenici, per farne un vero e proprio prodotto teatrale, come vuole aspirare ad essere se viene presentato in un festival. Manca una vera e propria regia che assembli meglio tempi e modi delle fotografie sul fondo che accompagnano il racconto, o che aiuti a dialogare con maggiore omogeneità il parlato con la musica di accompagnamento, eseguita dal vivo di Andrea Lablanca. Una maggiore attenzione complessiva, per avere una vera somma più che un insieme di singoli addendi, perché Nonostante voi. Storie di donne coraggio può crescere ancora, per essere di maggiore impatto e insegnamento, come ci auguriamo, davvero per tutti.
[Immagine di copertina: foto di Simona Boccedi]