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Libri Come – Nanni Moretti legge Goffredo Parise. Quando la lettura è un valore

Roberta Iadevaia

Il regista romano chiude la penultima giornata di Libri Come, Festa del libro e della lettura di Roma

Reduce dal Salone Internazionale del libro di Torino e dalla Fiera della piccola e media editoria “Più Libri Più Liberi” di Roma, Nanni Moretti torna nella capitale riproponendo le sue letture di Goffredo Parise nella penultima giornata di Libri Come, Festa del libro e della lettura tenutasi dal 14 al 17 marzo presso l’Auditorium e giunta quest’anno alla sua quarta edizione.

Più che una mera promozione del suo audiolibro, uscito l’11 aprile 2012 per Emons Audiolibri, la performance del regista romano ha piuttosto i caratteri della lettura intima, domestica, calata tuttavia nella realtà 2.0: ecco dunque che privato e pubblico si sovrappongono, senza stridori, perché a emergere sono il piacere della lettura e la volontà di condivisione.

Come fosse seduto sulla sua poltrona preferita difatti, Moretti rilegge gli autori a lui più cari “pescando” i volumi dal tavolino: prima Parise, ovviamente, del quale legge Libertà e gli incipit di Affetto, Bacio, Bambino, Cinema e Grazia; poi due brani di Natalia Ginzburg – nel corso di “Più Libri Più Liberi” Moretti dichiarò di essere stato a lungo indeciso tra i due, prima di scegliere lo scrittore vicentino – la postfazione ai Sillabari e l’incipit di Caro Michele, per poi passare a un frammento tratto da Pagine postume pubblicate in vita, la raccolta di saggi dello scrittore austriaco Robert Musil che, dichiara il regista, “non c’entra niente ma mi faceva piacere leggerlo”, per poi concludere con la lettura di Donna di Parise.

In questa sorta di playlist personale, il “personaggio” Moretti si fa da parte affinché siano gli autori a parlare: la voce del regista, così caratteristica e familiare, si fa pertanto neutra, o almeno ci prova, e poco importa se riaffiora di tanto in tanto se la narrazione ne risulta arricchita; con Parise in particolare le due voci finiscono inevitabilmente per fondersi al punto che risulta difficile scinderle. Un’affinità elettiva dunque quella che unisce il regista all’autore dei Sillabari e che poggia le sue basi su almeno tre aspetti.

Il primo, stando alle dichiarazioni dello stesso Moretti, è l’esigenza di mettere ordine: “nella vita di uno scrittore o di un regista arriva il momento in cui si sente il bisogno di far ordine sui sentimenti –  afferma il regista –  è accaduto a Parise, ma anche a Kieslowski con il Decalogo o a Pontiggia con Vite di uomini non illustri. Visto che io non riesco a mettere ordine, ho trovato naturale leggere queste pagine”. E in effetti i Sillabari, definiti da Cesare Garboli piccoli “romanzi virtuali”, sono un tentativo di schematizzazione dei sentimenti umani: i cinquantaquattro racconti, o “poesie in prosa” per usare le parole del loro autore, avrebbero difatti dovuto seguire la sequenza alfabetica. Tuttavia essi si fermarono alla “S” di Solitudine per un’improvvisa mancanza di ispirazione: “la poesia va e viene – si giustifica Parise – vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore”. 

Il secondo aspetto riguarda lo stile dello scrittore veneto, apprezzato dal regista per la sua semplicità ed essenzialità: la lingua di Parise infatti, unendo realismo e deformazione grottesca, riesce a cogliere nello stesso tempo la monotonia ma anche le inattese meraviglie della realtà quotidiana.

Il terzo aspetto può essere individuato nei confini labili che intercorrono tra la scrittura di Parise – che fu anche sceneggiatore –  e il cinema: “alcuni racconti sono veri e propri cortometraggi, osserva a tal proposito Moretti, altri possono essere spunti e soggetti per film, altri ancora sono delle vere e proprie scene, e questi sono forse i momenti che con più precisione fanno pensare al cinema, per esempio gli sciatori nel racconto Amicizia“. A rimarcare tale vicinanza lo stesso regista sottolinea un’ulteriore affinità tra i Sillabari e Heimat 2, un film di Edgar Reitz in tredici episodi ambientato nella Monaco degli anni 60, capaci per la loro malia e la loro grazia di catturare allo stesso modo lo spettatore.

Ma forse ciò che più di tutto ha avvicinato Moretti a Parise è la volontà di riportare alla luce quella che, secondo il primo, è stata la maggiore fonte di ispirazione dello scrittore: la scoperta di quelle sorprese che possono confermare la forza della vita. E se è vero, come sostiene ancora il regista, che quel sentimento italiano di cui scriveva Parise era legato a un’idea di società e a un Paese che non esistono più, allora oggi più che mai, in questa Italia spezzata in cui i cittadini faticano a sentirsi parte di una comunità, è importante ripartire da scrittori come questi e riaffermare con forza la lettura come valore da promuovere e da condividere.



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