Libri Come 2014: un doppio punto di vista
L’antropologo francese Marc Augé e la scrittrice americana Donna Tartt fra gli svariati ospiti alla quinta edizione di Libri Come, festa del libro e della lettura di Roma.
È stato il lavoro il tema della quinta edizione di Libri Come, festa del libro e della lettura, la manifestazione svoltasi dal 13 al 16 marzo che, come ogni anno, ha convogliato nell’Auditorium di Roma workshop, mostre, conferenze e incontri con autorevoli esperti e grandi protagonisti della narrativa nazionale e internazionale. Tra i numerosi ospiti, da John Grisham ad Andrea Camilleri, passando per Francesco Guccini e Ivano Fossati, venerdì 14 marzo è stata la volta di due autori molto diversi tra loro: il noto etnologo e antropologo francese Marc Augé – che ha tenuto una conferenza su “La paura del lavoro” – e la scrittrice americana Donna Tartt, con un incontro, moderato dallo scrittore e giornalista Antonio Monda, dal titolo “Come scrivo i miei libri”.
Riallacciandosi alle sue teorie dei nonluoghi – spazi anonimi e standardizzati in cui milioni di persone si incrociano senza relazionarsi – e della surmodernità, l’insieme dei fenomeni sociali, intellettuali ed economici che contraddistinguono le società complesse della fine del XX secolo, Augé ha sottolineato come la crisi attuale non sia solo economica, ma soprattutto sociale, relativa cioè alle relazioni. A tali fattori, ha dichiarato lo studioso, si sommano poi lo stress e l’angoscia determinati dalla dittatura odierna della mobilità: “la mobilità è l’ideale del capitalismo: oggi siamo proprietari a credito” ha affermato l’antropologo, riflettendo sui problemi quotidiani delle persone comuni per poi soffermarsi sull’“epidemia di suicidi” e sulla questione dell’“esilio dei cervelli”. Augé è poi giunto al nodo cruciale del suo intervento, ovvero il rifiuto – tipicamente postmoderno – di porsi la questione dei fini ultimi, considerati ormai un lusso, per concentrarsi unicamente sugli obiettivi a breve termine e sulla ricerca del profitto, strategia questa che non fa che aumentare le diseguaglianze sociali. Per l’antropologo l’unica alternativa possibile a quella “oligarchia planetaria” verso cui ci stiamo muovendo, in cui il potere politico, economico e scientifico si concentra in pochi fulcri, consiste nel rimettere la conoscenza al primo posto. Utopia? Sì, ma “obbligandoci a porre nuovamente la questione dei fini, l’utopia può aiutarci a definire un programma”. In fondo – ha concluso Augé – “quali individui mortali, siamo tutti condannati all’utopia”.
A proposito di fini ultimi, sorprendono quelli di Donna Tartt, scrittrice del Mississippi che fin dal suo esordio ha dichiarato che scriverà soltanto cinque romanzi. Effettivamente il suo ultimo, attesissimo libro, Il cardellino (The Goldfinch) pubblicato lo scorso ottobre in America e Inghilterra e presentato in esclusiva a Libri Come da Rizzoli, esce ben 12 anni dopo Il piccolo amico (The Little Friend) – vincitore del prestigioso WH Smith Literary Award nel 2003 – mentre il suo primo romanzo, Dio di illusioni (The Secret History) con i suoi cinque milioni di copie vendute, risale al 1993. L’impiegare dieci anni per la stesura di un romanzo non è la sola caratteristica che fa di Tartt una scrittrice “volutamente inattuale”: oltre allo scrivere interamente a mano i suoi libri su taccuini accuratamente scelti (l’ultimo volume sfiora le 900 pagine), tale aspetto si manifesta anche nei riferimenti letterari presenti nei suoi testi: i classici greci, T.S. Eliot e i racconti di Edgar Allan Poe Poe per il primo romanzo; Flannery O’Connor per Dio di illusioni, e Charles Dickens – “il primo scrittore che abbia amato” – per l’ultimo, il cui titolo deriva da un piccolo quadro del pittore olandese Carel Fabritius che il protagonista del libro, il tredicenne Theo, ruba durante un’esplosione al Metropolitan Museum of Art di New York, dove la madre rimane uccisa. Parallelamente a questo classicismo – da Tartt ribadito a proposito dell’importanza della struttura per la creazione di un romanzo – nelle opere della scrittrice americana vi sono però anche aperture alla sperimentazione. L’autrice ha continuato raccontando alcuni aneddoti sulla sua infanzia, sui suoi film preferiti – Psycho e Il mago di Oz – e su Il cardellino, le cui copie ha poi autografato per la gioia del numeroso pubblico.