#LaSceltaDiToronto. Strictly Ballroom, di Baz Luhrmann
Il People’s Choice Award del Toronto International Film Festival: 10 vincitori per raccontare le scelte del pubblico nel corso dei 36 anni di storia del TIFF.
Uno dei pregi del Toronto International Film Festival è che mai, fin dai suoi inizi, ha avuto paura o “vergogna” di ospitare film già acclamati in altri Festival o già di successo, spazzando via ogni dubbio riguardo la fortuna che questi potevano avere tra il pubblico: il film che vinse il People’s Choice Award nel 1992 dimostra proprio che anche le pellicole già note possono ricevere ulteriori conferme dal pubblico di Toronto.
Stricly Ballroom di Baz Luhrmann era stato presentato in anteprima al Festival di Cannes, ma prima ancora era l’adattamento cinematografico del musical omonimo ideato dallo stesso Luhrmann nel 1984 che già aveva fatto il giro dei teatri australiani, entusiasmando critica e pubblico.
La storia è quella di un promettente ballerino di balli latino-americani, Scott Hastings (il ballerino e attore australiano Paul Mercurio), alla ricerca dell’ambito premio di ballo Pan-Pacific con la sua partner Liz (Gia Carides); la madre – l’ex ballerina e ora insegnante Shirley Hastings (Pat Thompson) – e l’allenatore di Scott, Les, sono convinti che Scott possa vincere facilmente il Pan-Pacific, a patto che si attenga ai passi “strettamente” ammessi dal severo presidente di giuria Barry Fife (Bill Hunter), senza cedere a variazioni personali e ad improvvisazioni che non piacciono ai giudici. Ma dopo l’ennesima gara persa per colpa della sua indisciplinatezza, Scott viene abbandonato dalla sua partner storica e si ritrova, a poche settimane dal Pan Pacific, senza una compagna con cui gareggiare. La principiante Fran (Tara Morice) si propone a Scott per accompagnarlo, in una sfida per raggiungere l’intesa e le capacità sufficienti che sembra quasi impossibile.
Ciò che convinse il pubblico del TIFF ad assegnare al film di Luhrmann fu sicuramente lo stile pop del film perfettamente in linea coi tempi, caratterizzato dalla narrazione brillante e vivace, dalla fotografia multicolor di Steve Mason, e dalla colonna sonora con le hit del momento, da Time After Time a Love Is In the Air. Non solo, ma è ben nota la passione dei canadesi per le arti ricreative e dello spettacolo, in particolare per la danza, e dunque si deve anche a questo l’immediato successo che il film ottenne tra gli spettatori.
Negli anni successivi il regista – figlio di una insegnate di danza e dotato di una spiccata propensione per il teatro – avrebbe completato la cosiddetta trilogia del “red curtain” con Romeo + Juliet e Moulin Rouge, diventando noto a tutti per la magniloquenza espressiva delle sue storie, per la ricchezza degli impianti visivi già evidente in Stricly Ballroom, e per la tensione emotiva dei suoi personaggi.
Un’altra delle caratteristiche interessanti del film è l’impianto archetipico della storia, in cui personaggi marginalizzati o diversi, quali sono ognuno a suo modo Fran e Scott, riescono alla fine ad avere la loro rivalsa sui loro rivali o detrattori; un topos narrativo che negli anni ’80 aveva già reso celebri due cult del genere come Fame e Dirty Dancing. E, come piace ad un paese che ha fatto del multiculturalismo la sua bandiera, Strictly Ballroom propone anche l’elemento etnico come argomento di riflessione e di confronto con la cultura dell’establishment – nel caso del film, assimilabile a quella di un certo gruppo di donne bionde, frivole e isteriche, o di uomini disposti a perdere se stessi pur di ottenere il successo – rappresentando la comunità ispanofona australiana portatrice di una saggezza popolare e di una carica emotiva sconosciuta agli altri.
Il motto “vivere nella paura è come vivere a metà”, ripetuto proprio in spagnolo da Fran durante tutto il film, scatena la reazione decisiva da parte di Scott: ovvio che un simile invito a vivere pienamente, seguendo i propri ideali, abbia avuto fortissimo appeal sul pubblico canadese, sensibile al concetto di libertà personale come pochi altri al mondo. L’elemento romantico – che pure Luhrmann ha saputo e voluto sfruttare maggiormente nelle produzioni successive – diventa allora sorprendentemente meno importante a livello emotivo e meno trainante a livello narrativo rispetto a quello della paura: man mano che gli eventi si fanno stringenti, lo spettatore teme che Scott non riesca a ballare con chi vuole e come vuole. Soltanto l’intervento del bizzarro padre di Scott, Doug, servirà per lo scioglimento finale dei dubbi e delle paure, i veri punti di forza di questo film.
Senza paure, dunque, proprio come il TIFF, che orgogliosamente nel 1992 assegna il People’s Choice Award ad un film che negli anni successivi avrebbe continuato a raccogliere riconoscimenti internazionali.