Cinema

#LaSceltaDiToronto: Il declino dell’impero americano, di Denys Arcand

Valentina Esposito

Il People’s Choice Award del Toronto International Film Festival: 10 vincitori per raccontare le scelte del pubblico nel corso dei 36 anni di storia del TIFF.

Prima de L’età barbarica del 2007 e de Le invasioni barbariche del 2003, ci fu Il declino dell’impero americano: si apriva con questa commedia borghese dai toni taglienti e pungenti la trilogia di successo firmata dal regista canadese Denys Arcand. Uscì nel 1986 conquistando critica e pubblico, vincendo Premio Internazionale della Critica al Festival di Cannes, il People’s Choice Award al Toronto International Film Festival e ottenendo successivamente una candidatura come Miglior Film Straniero agli Oscar.

Un gruppo di amici e professori intellettuali universitari del Québec si prepara a trascorrere una rilassante giornata in campagna, per il classico bisogno di immergersi nella natura e lasciarsi dietro la solita routine quotidiana. Gli uomini (Pierre Curzi, Rèmy Girard, Yves Jacques, Daniel Brière) si dedicano alla cucina, le donne (Louise Portal, Geneviève Rioux, Dorothèe Berryman, Dominique Michel) tra palestra, sauna e piscina si fanno belle: entrambi hanno la stessa necessità di svelare i retroscena della loro vita coniugale e, in particolare, di quella extraconiugale . Tradimenti, scappatelle e piaceri repressi sono l’argomento preferito delle coppie che dopo essersi concesse qualche confidenza intima tra amici, tornano a tavola ad indossare l’abito del matrimonio perfetto.

Il dialogo, attraverso il quale ci vengono presentati dei personaggi che rappresentano più del tipologie sociali che delle persone, è al centro de Il declino dell’impero americano: dettagli personali, continui riferimenti divertiti alla sfera sessuale ed una continua esaltazione del piacere di vivere esperienze trasgressive sempre diverse, per affermare il proprio potere seduttivo/d’acquisto. È questo il sottile desiderio che muove uomini e donne, che una volta raggiunta una soddisfacente posizione lavorativa e un affetto sicuro, sentono di dover andare oltre, di esplorare in modo perverso e vizioso i meandri più bui dell’animo umano nel bene e nel male.

Studioso di Storia e inizialmente regista per lo più di documentari, Arcand fa del cinema un’arma efficace attraverso cui rivedere ed analizzare un’epoca nei suoi molteplici aspetti: costume, società, sesso, morale ed eventi storici sono infatti costantemente al centro dei dialoghi intellettuali dei protagonisti, emblematici simulacri della contraddizione borghese degli anni Ottanta. La celebrazione di uno sfrenato edonismo, di un corpo da ostentare e tenere sempre in forma nell’illusione di poter rendere eterna la giovinezza, di un mondo in cui potersi permettere tutto e tutti ma nella paura costante di sentirsi soli. Il grande merito de Il declino è quello di fare da specchio al pubblico, aprendolo ad una riflessione profonda sul grande e pericoloso legame che si instaura tra la sfera intima dell’individuo e i meccanismi sociologici che soggiacciono al progressivo evolversi del sistema. Un messaggio celato sottilmente in battute argute e divertite spedito con eleganza agli spettatori.

Il film di Arcand passa con un’armonia perfetta dai toni più ironici a quelli più amari, al punto da suscitare un positivo stupore a fine visione. Apre così un vuoto immenso nei suoi protagonisti quanto nei suoi spettatori, che da connazionali (ma non solo) del regista riconoscono la familiarità dell’ambiente in cui si svolge la vicenda, negli scorci offerti dalle sue bellezze naturali quanto nella sua imperante ipocrisia. Un clima di vuoto morale e segreta insoddisfazione che avvolge l’intero occidente, e che se non si può facilmente combattere nella realtà lo si può almeno dichiarare a cinema: la vittoria decretata dal pubblico de Il declino dell’impero americano a Toronto è l’urgenza di volersi concentrare sul presente, di un cinema che si fa portavoce della realtà circostante,  fotografando con un ritratto schietto e lucido le contraddizioni di una società per riflettere sul senso profondo dell’essere umano. Un pubblico che al voyeurismo, perché nel film di sesso si parla tanto ma se ne vede poco, preferisce il silenzio e gli sguardi persi dei suoi falsi eroi che cercano, come la società tutta, di nascondersi sotto parole vuote e inefficaci. Arcand si fa rappresentante di questa forte esigenza del pubblico, che sceglie la leggerezza della commedia per far emergere l’amarezza del proprio tempo.



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