La grande bellezza
Paolo Sorrentino passeggia sul tappeto rosso della Croisette, strizza un occhio a Fellini da lontano e racconta di un’amarezza distante, ma allo stesso tempo viva e asfissiante nella Roma di oggi.
Paolo Sorrentino porta sullo schermo una Roma sublime e amara, che conserva qualche eco felliniano: un sentito omaggio alla monumentalità della magica capitale, ma anche le sue viscere più vuote e kitsch dove risplende un disincantato Toni Servillo, che attende solo di cogliere La grande bellezza.
Jep Gambardella (Servillo) è uno scrittore che vive di una fama dai fasti antichi: dopo il suo primo romanzo di grande successo L’apparato umano, non ha dato alla luce altri lavori perché consumato dal niente. Ha scelto di essere il re delle feste e di farle “fallire” dormendo di giorno e vivendo di notte abbandonandosi a lunghe passeggiate in una Roma sognante, per ritirarsi dalla Capitale ordinaria animata da personaggi dalle vite effimere che festeggiano l’amarezza delle loro esistenze.
Dalla sacralità di sconfinati edifici e fontane d’acqua limpida alle feste più chic e molto tristi di “artisti” che riempiono la società dello spettacolo: tanti lustrini, sguardi ammiccanti sotto le note di A far l’amore comincia tu mentre d’un tratto appare il principe della serata Jep/Toni che offre ai suoi invitati sotto un riso amaro, l’attenzione e il diletto più cafone per riempire delle vite vuote. Così si apre La grande bellezza, accostato da molti a 8 ½ di Fellini e a La dolce vita. Senza dubbio il regista riminese può aver ispirato il collega partenopeo, ma la Roma di Sorrentino è decisamente diversa da quella felliniana, di cui conserva solo un meravigliato fascino spaziale.
Sulla scia dell’anti-narrativa che caratterizza i suoi film, consacrando un suo esclusivo stile, Sorrentino racconta l’amarezza del vuoto e del nulla di questi tempi dove c’è spazio soprattutto per falsi intellettuali: Jep, che non manca di talento, deve indossare anche lui la maschera del pressapochismo e concedersi al suo estro sognante nei quali nella piena solitudine trova “gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza”. Bella e verace la Ramona di Sabrina Ferilli sembra l’unica disposta, pur rientrando in quel mondo di piaceri effimeri, a condividere con Jep la Roma d’incanto, abbandonarsi a quella sua bellezza incontaminata che si porta addosso i millenni senza sentirsi mai stanca. Sorrentino riesce a rendere “poetico” il personaggio della Ferilli e incisivamente drammatico il Romano di Carlo Verdone, presentato in una veste diversa dal solito nella sua triste parabola di chi aveva creduto nel “sogno romano” del successo. Ma questo Jep seppur appartenente alla “favola” sorrentiniana degli antieroi, offre uno sguardo diverso e più maturo verso il mondo: un tentativo timido di accostarsi ancora di più al senso profondo dell’esistenza, scrutando “la bellezza” dell’amaro.
Dettagli
- Titolo originale: Id.
- Regia: Paolo Sorrentino
- Fotografia: Luca Bigazzi
- Musiche: Lele Marchitelli
- Cast: Toni Servillo, Sabrina Ferilli, Carlo Verdone, Iaia Forte, Carlo Buccirosso
- Sceneggiatura: Paolo Sorrentino, Umberto Contarello