La geografia sentimentale del paesaggio nella fotografia di Luigi Ghirri in mostra a Milano
Una fotografia di Luigi Ghirri può essere associata ad un pezzo di Fabrizio De André, ad un film neorealista, ad un paesaggio impressionista. Gli «strani grovigli del vedere», come scriveva lo stesso Ghirri in Paesaggio italiano (appendice, tra le tante, utile per capire con puntualità il percorso formativo dell’artista emiliano), producono i cosiddetti «strati del sentire» immortalati dalla macchina fotografica. Conseguenti e libere associazioni di stampo letterario, filosofico e cinematografico nate dalle esperienze di ciascuno degli spettatori plasmano quel sentire inducendo un cultore o un semplice appassionato delle arti visive a prendere parte alla mostra fotografica Luigi Ghirri. Il paesaggio dell’architettura visitabile fino al 26 agosto 2018 a “La Triennale” di Milano.
La mostra evidenzia il rilevante operato del fotografo nell’ambito dell’architettura e testimonia il proficuo sodalizio tra Ghirri e il trimestrale di architettura Lotus International cominciato negli anni ’80, in seguito ad un servizio da lui svolto sul cimitero-tomba Brion di Carlo Scarpa a San Vito di Altivole, in provincia di Treviso. Le foto di Ghirri, molte delle quali mai esposte prima di questo evento, sono rivelatrici di una nuova concezione architettonica, secondo la quale le immagini del paesaggio non sono scisse dal circostante, ma coesistono in un armonico polimorfismo. Un esempio in tal senso potrebbe essere offerto da Ravenna 1987, Rocca Brancaleone in cui lo spazio occupato transitoriamente da un palcoscenico si raccorda con quello preesistente, la Rocca della città in cui oggi si trova uno dei parchi più suggestivi di Ravenna.
La fotografia di Ghirri è funzionale a ridefinire la geografia – sentimentale, come la chiamava lui stesso – del paesaggio, nonché gli spazi architettonici ad esso annessi che mutano al mutare di fattori climatici e naturali come la luce. Il paesaggio italiano (che ha ispirato buona parte della produzione ghirriana) assume dunque da Nord a Sud, dall’alba al tramonto, sfumature cangianti. Un esempio potrebbe essere affidato a Castelfidardo (1984) in cui il crepuscolo ha quasi una “funzione” rasserenante.
Pur lasciando inalterata la composizione geometrica apparentemente alienante dei paesaggi marittimi, Luigi Ghirri è sempre riuscito a cogliere un dettaglio di familiare bellezza (Marina di Ravenna, 1986) o di giocosa quotidianità (Trani, 1986).
La mostra contiene infine un’altra sezione riservata ad una serie di diapositive esposte secondo macro-tematiche: Nel giardino, La grande pianura, Il percorso, La Triennale e Il parco. Quest’ultima è omaggio imprescindibile alla città e al luogo ospitanti: nel 1986 Ghirri aveva infatti realizzato un lavoro sul Palazzo dell’Arte in rapporto agli spazi limitrofi ovvero Parco Sempione, Castello Sforzesco, Arco della Pace. Questo connubio è la testimonianza massima del paesaggio dell’architettura che dà il titolo alla mostra e – oserei dire – del passaggio dall’uno all’altra che la sensibilità del fotografo ha saputo cogliere con un tocco di personalissimo romanticismo. Se non altro per Ghirri l’intorno è la riproduzione dell’interno.