Arti Performative

La danza Under 25 di “Dominio Pubblico”: l’effimero e l’incomunicabilità con “None” e “Amelia”

Roberta Leo

Il festival Dominio Pubblico – La Città agli Under 25 giunge al nono anno di attività. Tra i suoi protagonisti e le nuove tendenze artistiche di una generazione allo sbando, non manca la danza contemporanea dei giovanissimi a gridare tutta la sua precarietà.

A dircelo è None, una delle coreografie andate in scena al Teatro India nella serata di domenica 26 giugno. La creazione delle giovanissime coreografe e danzatrici Simona Tedeschini e Sofia Pazzocco prende vita dai non-luoghi, dalla non-continuità, da un movimento che viene continuamente spezzato. L’inizio di questo duetto sembra essere una gara di destrutturazione delle forme. I port de bras classico-accademici vengono riproposti in forme geometriche spigolose e angolari, le linee alte e lunghe di braccia e gambe vengono lanciate e abbandonate, si gioca con la gravità. Le danzatrici, inguainate in indumenti aderenti color nudo, portano dei copricapi colorati che tanto ricordano dei caschetti da astronauta. Sono questi ultimi a distinguere le due interpreti che condividono la superficie rigidamente definita della scena e in cui faticano a trovare il proprio spazio. Ci provano andando per tentativi, con movimenti simili e dinamiche che viaggiano in una fluidità che ad un certo punto si arresta. Un silenzio, forse eccessivamente prolungato, analizza l’assenza di movimento. Da lì in poi padroneggia il caos. Come nel gioco dei dadi o in una partita di poker si crea un botta e risposta di casuali combinazioni dinamiche e frasi di movimento. Lo stesso unico movimento, che fino ad allora riuniva e accomunava le danzatrici, viene biforcato irrimediabilmente e disperso nel dubbio ineluttabile della precarietà.

“Amelia – Una sedia per due”. Fonte: pagina Facebook di Dominio Pubblico @dominio.teatro

Segue Amelia – Una sedia per due di Priscilla Pizziol e Edoardo Sgambato che da creatori diventano anche interpreti. Se prima con None si danzava la precarietà ora con Amelia, si danza l’incomunicabilità, la fragilità della comunicazione tra due anime. Due corpi abitano una sedia sola, unico oggetto presente sulla scena. Essa instaura con l’uomo e la donna una relazione in cui cambia continuamente modalità d’azione; dapprima li sorregge, poi li respinge, fa loro da ostacolo. La creazione è racchiusa in soli nove minuti in cui però il tempo sembra essere dilatato all’inverosimile. In questo breve lasso temporale i danzattori (a questo punto viene spontaneo chiamarli così) raccontano la storia di una vita in cui due singoli individui condividono la propria solitudine l’uno con l’altra, ne assaporano la gioia che da essa deriva, si sfiorano, s’incastrano nella bellezza del gesto, nell’emozione di un’immagine, in un dialogo a due ma con una voce all’unisono.

 

[Immagine di copertina: foto “None”. Fonte: pagina Facebook di Dominio Pubblico @dominio.teatro]



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