Intervista a Carolyn Carlson, in prima nazionale con “The Tree” al Teatro Comunale di Ferrara
Alla vigilia della prima nazionale della sua ultima creazione, The Tree, in scena il 14 ottobre al Teatro Comunale “Claudio Abbado” di Ferrara, Carolyn Carlson, signora della modern dance americana ed erede di Alwin Nikolais, ci racconta il suo lavoro.
Partendo dall’opera letteraria di Bachelard, Des Fragments d’une poétique du feu, uscita postuma nel 1988, Carolyn Carlson ha scelto la complessità degli elementi naturali come ispirazione per la sua nuova creazione. Lo spettacolo vede la collaborazione con il light designer Rémi Nicolas, che crea paesaggi immaginari che invitano a un viaggio interiore e alla contemplazione, e l’artista visivo Gao Xingjian, il quale sublima a sua volta le scene con i suoi dipinti astratti realizzati con la china e proiettati in diverse sequenze. Di questa dichiarazione d’amore potente e vitale nei confronti di una natura sull’orlo del collasso, nella speranza che, come una Fenice, possa rinascere dalle proprie ceneri, abbiamo parlato proprio con Carolyn Carlson.
Mrs. Carlson, potrebbe spiegarci da che cosa nasce questa esigenza di parlare del legame tra natura e umanità?
Siamo al punto di svolta dei disastri in tutto il mondo. Un campanello d’allarme è l’essere consapevoli dei tempi in cui viviamo, il riconoscimento della mano dell’umanità in questo problema. È il momento di cercare soluzioni. A ispirarmi è stato il ‘fuoco’ di cui parla il filosofo Gaston Bachelard nella sua opera del 1938, La psicoanalisi del fuoco. È la nostra immaginazione, la nostra coscienza superiore a evolversi con il cosmo. In un certo senso siamo co-creatori dell’Universo. Se lasciassimo bruciare il fuoco dentro di noi, comprenderemmo quanto la nostra natura spirituale sia fondamentale per contribuire alla salvezza del nostro pianeta. Questa è la premessa per The Tree, un omaggio alla Madre Terra e alla sua abbondanza di poteri curativi: un breve sguardo sui miracoli della natura.
Lei parla di ‘poesia visiva’ più che di ‘coreografia’. È per questo che ha scelto di collaborare con l’artista visivo Gao Xingjian e il light designer Remi Nicolas?
Scelgo artisti visivi che rispettano i temi della creazione, e il lavoro compiuto da Gao e Remi è stato perfetto per infondere allo spettacolo un’immagine scenografica brillante.
Lei si definisce una nomade e la sua carriera e la sua esperienza non necessitano di presentazioni. Tuttavia, quali viaggi e quali incontri l’hanno maggiormente segnata?
Potrei scrivere un libro dei miei anni con il mio maestro Nikolais. Devo soprattutto a lui quello che sono oggi. Mi ha dato gli strumenti per brillare nella performance, il lavoro con l’improvvisazione nel tempo, nello spazio e nel movimento, e le chiavi per trovare il mio stile grazie alle lezioni di composizione.
Che cosa pensa della danza contemporanea oggi?
Ci sono molte compagnie importanti e prolifiche in Italia, ma lottano per il riconoscimento, a differenza della Francia dove il Ministero della Cultura le sostiene. Mi ritengo molto fortunata a far parte dell’eredità italiana nel campo della danza contemporanea, come insegnante, coreografa e performer. Oggi faccio tesoro dei miei danzatori. Danzo con loro nella mia mente quando faccio le coreografie e li vedo esibirsi con naturale empatia e complicità.