Intervista ai DoppioSenso Unico + gU.F.O trailer #3
Varo Venturi, regista del film “6 giorni sulla Terra”, è il testimonial per il terzo trailer di gU.F.O, l’ultimo spettacolo della compagnia DoppioSenso Unico di Ivan Talarico e Luca Ruocco, che abbiamo voluto intervistare.
Anche questa settimana “Scene Contemporanee” pubblica in esclusiva il nuovo trailer dell’ultimo spettacolo di Luca Ruocco e Ivan Talarico firmato DoppioSenso Unico. Stavolta, per gU.F.O, c’è un nuovo testimonial d’eccezione: Varo Venturi, regista di 6 giorni sulla Terra.
Sotto il video, le risposte ad alcune domande che abbiamo posto a Luca Ruocco e a Ivan Talarico, non solo per sapere qualcosa in più sul loro spettacolo, ma anche e soprattutto per capire meglio chi sono, come lavorano, cos’è per loro il teatro e come vi si sono approssimati. E abbiamo capito che pur essendo giovani, hanno già collezionato una marea di esperienze in campi diversi e che nel loro futuro ideale il teatro continuerà a non essere l’unica grande passione su cui lavorare…
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Quando e dove è nata l’idea di gU.F.O?
Luca: Luigino e Marisa, i due gufi protagonisti dello spettacolo, sono nostre vecchie conoscenze. Nel 2008, ai tempi dello spettacolo Le clamorose avventure di Mario Pappice e Pepé Papocchio, erano monolitiche comparse piumate all’interno di uno spettacolo dai ritmi isterici e dalla forma poco omogenea… Mentre stavamo lavorando per chiudere La variante E.K., e già ragionavamo allo sviluppo del progetto successivo, abbiamo pensato di riprendere questi due personaggi appena abbozzati e di crearci attorno tutto un mondo. Da dove e come nascano i personaggi dei nostri spettacoli, poi, è materia un po’ oscura anche per noi. Posso dirti che il Gufo Luigino era una sorta di spauracchio inventato da mio nonno che popolava i pomeriggi della mia infanzia… Ma spesso e volentieri alcuni amici ci fanno notare come i nostri personaggi più assurdi possano sembrare la versione esagerata e deformata di nostre reali conoscenze, da cui evidentemente estraiamo l’essenza, senza accorgercene, per farne gli usi peggiori! E poi c’è il tema di fondo che rimbalza dalla vita reale ai personaggi, saturando poi lo spettacolo: in questo caso parliamo di “alienazione”.
Ivan: Luca, che è una brava persona, ci trova le sue conoscenze negli spettacoli. E tra le sue conoscenze ci sono io, che ci ritrovo molte inquietudini negli spettacoli.
Ne La variante E.K. ribaltavate il tragico in comico, e dai primi trailer di g.U.F.O direi che c’è anche qui del “grottesco”: la fusione del comico con qualcosa di più profondo o oscuro, che interessa l’esercizio della ragione (o forse il linguaggio comico e visuale attinge all’inconscio più che alla ragione?). Una sorta di umorismo pirandelliano. In che modo intendete la comicità?
Ivan: Mah, se ragionassimo veramente smetteremmo di fare spettacoli. Quindi penso che l’esercizio della ragione non ci appartenga! Noi siamo controvoglia persone molto tristi, decadenti, grandi scrittori di drammi. Ma quello che per noi è dramma fa ridere la gente quindi, nostro malgrado, la comicità vien fuori ogni volta dalla tristezza disattesa. Vedere le persone ridere ci illude ogni volta che il mondo sia migliore, ma a fine spettacolo tutto ritorna com’era.
Ne La variante E.K. ho notato la complessità e l’eterogeneità del dispositivo scenico. Una solida forma si coniuga a un’altra opposta e precaria, quella aperta, determinata dall’improvvisazione. Un elemento potenzialmente imprevedibile, infatti, entra in gioco, incarnato proprio dal “protagonista di turno” che viene scelto di replica in replica tra il pubblico. Come si lavora durante le prove al perfezionamento di questa forma?
Luca: Non si tratta di improvvisazione vera e propria, ma più che altro della creazione di situazioni da far vivere a chi, parlando de La variante E.K., si trova ad abitare lo spettacolo al nostro fianco! Queste situazioni, di cui noi abbiamo costruito uno scheletro strutturale, inserite all’interno di una drammaturgia dal ritmo serrato, ovviamente, riescono a regalare respiro all’evoluzione scenica, a far da contrappunto. E poi c’è l’imprevedibilità data proprio dall’aver scelto di portare in scena un terzo protagonista cangiante e sconosciuto, da cui, di replica in replica dipendono parzialmente i cambi di ritmo, le relazioni, e la stessa sostanza dello spettacolo, e questa è una cosa che ci diverte molto sin dall’inizio. Per quanto riguarda le prove, vista l’importanza che in uno spettacolo del genere riveste il pubblico, oltre ad una serie di incontri inter nos, ci sono state molto utili le serate aperte al pubblico organizzate in molti locali qui a Roma, in cui abbiamo avuto modo di testare, di volta in volta, vari livelli dello studio dello spettacolo.
Com’è nata, in generale, la vostra passione per il teatro?
Ivan: Quando ci siamo conosciuti al liceo, io scrivevo canzoni, Luca disegnava fumetti. Da lì abbiamo iniziato a scrivere insieme e ad inscenare situazioni surreali alla prima occasione quotidiana. Confondevamo realtà e immaginazione con molta facilità agli occhi degli altri. Il teatro ci ha sottratto elegantemente alla dissociazione sociale. Ma non ricambiamo, non siamo veri appassionati di teatro: il nostro è un rapporto utilitaristico. Siamo appassionati d’altro. Ad esempio a me piace quasi tutto che non capisco profondamente. Sono un appassionato d’incomprensione, più che di teatro.
Luca: A me piacciono scheletri e creature immaginarie. Se inserite in uno spettacolo riescono a farmi piacere anche il teatro.
Le passioni, casualmente, coincidono anche su un altro versante: il cinema, di cui scrivete brillantemente le vostre opinioni in rete. Queste due passioni si sono mai incrociate nel vostro lavoro, durante l’elaborazione di un’idea? E avete mai pensato di fare cinema, oltre che seguirlo in modo appassionato?
Luca: Sono un grande appassionato di film coi mostri! Il cinema horror è una delle cose che fanno profondamente parte della mia formazione, lo ammetto! Proprio partendo da questo, ho iniziato a collaborare con alcune riviste e portali di settore, in veste di redattore, e con il Fantafestival di Roma, come selezionatore dei film. Poi, da tre anni, ho aperto io stesso una webzine, InGenereCinema.com, che cerco di tenere più attiva possibile, insieme ad un piccolo gruppo di volenterosi. Abbiamo fatto, come DoppioSenso Unico, qualche esperienza nella realizzazione di corti e mediometraggi, ma non abbiamo trovato nelle cose realizzate la stessa forza creativa e lo stesso spirito comico-grottesco che tiene vivi i nostri spettacoli, quindi dal 2010 abbiamo deciso di mettere momentaneamente da parte il video, per quanto riguarda DoppioSenso Unico. Personalmente ho continuato, collaborando come sceneggiatore con una giovane produzione, la Revok Film. Abbiamo realizzato finora tre cortometraggi: quello che ci sta dando più soddisfazioni è Versipellis, in cui abbiamo mescolato toni da noir, lupi mannari e genetica gemellare…
Ivan: A me il cinema piace molto perché non lo reggo, spesso mi addormento o mi distraggo, quindi è uno stimolo creativo. Vedo sempre altri film rispetto a quelli che ho davanti. Di tanto in tanto, per piacere critico, scrivo e commento pellicole inventate di autori inesistenti. Che un po’ sono le cose che immagino, un po’ quelle che vorrei fare.
Il modo in cui vi proiettate all’esterno è singolare, rimanda in qualche modo all’infanzia, al naïf, mi riferisco ovviamente alle vignette, alle maschere sproporzionate, alla distorsione “cartoonesca” della voce del “gufo”. C’è il rischio che vi prendano poco sul serio?
Ivan: C’è la certezza che ci prendano poco sul serio. Altrimenti non riderebbero. Noi trattiamo di cose serissime: suicidio, alienazione, malattia. Rappresentate nel modo in cui la nostra mente le metabolizza. Ma non abbiamo messaggi da dare, quindi la gente ne approfitta e ride, delle nostre e delle loro stesse disgrazie.
Come fa una compagnia di teatro indipendente, oggi, a sopravvivere nella capitale?
Luca: Muore! Nella Capitale [ma credo sia un discorso buono per tutt’Italia], una compagnia di teatro indipendente non ha modo di auto-sostentarsi, e i suoi componenti devono trovar altri lavori “nel mondo esterno”, magari tentando di non allontanarsi troppo dai propri interessi. Questo, almeno, è quello che stiamo facendo noi…
Più che mai la politica sta danneggiando il teatro, trascurandone l’alto valore sociale, oltre che artistico. Non avete messaggi da dare a priori, ma dal vostro punto di vista perché il teatro è necessario?
Ivan: Vogliamo solo accanirci nel dare dimensione alle nostre voci interiori, ai nostri limiti, alle nostre manie. Poi giocoforza la comunicazione s’impossessa dei contenuti e delle forme. E diventa un esorcismo del malessere.
Teatro è dir poco, ci sono spettacoli belli e brutti, forzatamente sociali o indiscutibilmente socievoli, c’è onestà ignorante e disonestà intellettuale. Dire che il teatro ha un alto valore sociale e culturale legittima tout court l’esistenza in scena di chiunque non abbia nulla da dire. La politica è ignorante per sua vocazione, non perché danneggia il teatro. Il teatro è molto bravo a danneggiarsi da solo.
gU.F.O., uno spettacolo di e con Luca Ruocco e Ivan Talarico
Maschere dei gufi: Tiziana Tassinari
Scene: Fiammetta Mandich e Stefania Onofrio
Luci ed oggetti di scena: Stefania Onofrio
Quando: dal 21 gennaio al 2 febbraio 2014 tutti i giorni alle 21.15 (domenica alle 17.45) lunedì riposo.
Dove: Teatro dell’Orologio Sala Gassman, via dei Filippini 17/a
Info e prenotazioni: doppiosensounico@gmail.com, 328.9721666, 328.1586895
Web: sito www.doppiosensouni.com, facebook DoppioSenso Unico