Musica

Intervista ad Umberto Maria Giardini

Nunzia Scala

Umberto Maria Giardini ci parla del suo nuovo lavoro, “La dieta dell’imperatrice”, e in generale del suo modo di fare musica.

A pochi giorni dalla pubblicazione de “La dieta dell’imperatrice” (di cui trovate la recensione qui), Scene Contemporanee intervista uno dei cantautori più talentuosi e allo stesso tempo più semplici della scena italiana. La musica non è un mestiere ma un bisogno primario, l’attitudine naturale che ha consentito ad Umberto Maria Giardini di rinnovarsi ad ogni progetto, misurando la realtà fenomenica del nostro vissuto ed esprimere giudizi lucidi e diretti sullo stato delle cose.

Quali sono gli elementi umani e artistici che ti hanno portato alla pubblicazione de “La dieta dell’imperatrice?

Quelli umani sono stati soprattutto legati alla necessità’ fisica di suonare dal vivo; e’ vero che quando si vuol suonare un musicista può anche farlo a casa, o in studio, ma    suonare dal vivo dinanzi un pubblico anche piccolo fa la differenza. Come per un attore recitare solo al Cinema e/o in teatro. I volumi, l’emozione, il vibrare di ciò che stai facendo per qualcuno che ama ascoltare e capire, un dare e un avere, disinteressato, onesto, puro.

Quelli artistici invece meno importanti, sono trascurabili, poiché pubblicare dischi o cd che sia la considero una cosa estremamente banale, Di importante sul piano artistico c’è’ il valore della scrittura, sia nelle parole che nella musica, anche questa da considerarsi completamente una necessità, un’ aria da respirare a pieni polmoni, un amore imprescindibile, autentico.

Hai spiegato che l’imperatrice del titolo rappresenta la Musica. Ritieni la Musica italiana di oggi un impero alla fine della decadenza?

No assolutamente no, considero questo periodo come estremamente buio. Le nuove generazioni maltrattate dalle major e soprattutto indirettamente dalle band affermate non riescono a formulare nulla di buono. La minestra è sempre quella, e spesso riscaldata male a mio avviso una noia mortale, come se fosse stato già tutto detto, ma così non è.

La migliore band italiana della scena rock e il più interessante cantautore così come lo intendono certi presupposti di qualità di pensiero, debbono ancora arrivare, bisogna pazientare ancora un po’. Ora sono alle scuole elementari, ma esistono e sbancheranno tutti sti nomi sciocchi e inutili che rappresentano la musica italiana oggi, me compreso.

A quali fattori attribuisci la proliferazione di tanti cantautori naïf?

Non lo so, forse e’ un bene, anzi pensandoci bene e’ da considerarsi sicuramente tale, ma poi dilagano, dicendo tutti la stessa cosa. Troppo prevedibili e scadenti, ma l’utenza della buona musica in Italia e’ scarsissima. la gente preferisce ascoltarsi dal vivo Le Vibrazioni anziché Morricone, ho detto tutto.

La crisi economica e sociale il cui versiamo ha influenzato in generale il modo di fare musica?

A mio avviso moltissimo, quando l’essere umano (specie se italiano) non ha soldi decade e non sa più dove sbattere la testa. Ne risulta un modo di fare musica scadente. In realtà’ dovrebbe essere l’esatto contrario, tantissime generazioni hanno prodotto musicalmente parlando “oro colato”, basta pensare al blues degli anni 30, 40, 50, 60..o al jazz, in tempi in cui non c’era davvero nemmeno un pezzo di pane. Oggi abbiamo I Negramaro che vanno a registrare album a Los Angeles per dei mesi, a cifre mostruose, e voi tutti sotto al palco ad applaudire, rabbrividisco.

Il tuo ritorno è stato fin da subito esaltato dalla stessa critica che continua a promuovere artisti hipster. Come può verificarsi una tale contraddizione?

Non lo so, chiedetelo a loro.

Ritieni l’esperienza coi Pineda terminata? E’ stata importante nella costruzione della tua rinnovata  identità artistica?

Probabilmente si, è stata un’ esperienza meravigliosa, con un risultato semplicemente eccezionale. Un disco fenomenale, secondo me bellissimo, se pur senza nulla di nuovo ma diverso, se non altro rispetto a tutto ciò che esce e viene prodotto a suon di soldi.

Hai parlato spesso di Anna Calvi e degli Other Lives, facendoli conoscere ad un pubblico maggiore. Ritieni che un cantautore debba assolvere anche alla funzione di punto di riferimento intellettuale, indicando cosa  e come ascoltare?

No, non so, io come molta gente ascolto buona musica, tutto qua. Spesso mi è capitato di intravedere prima di altri l’enorme qualità che c’era dietro ad un progetto pseudo sconosciuto.

Nel 1983 capitò per gli Smiths, poi con Devendra Banhart, poi anche con progetti italiani come Marta sui tubi e Vasco Brondi, oggi con Anna Calvi, domani con Chelsea Wolfe, ecc ecc..

Ascolto e diffondo, non debbo insegnare nulla a nessuno.

Molti brani de “La Dieta de l’Imperatrice” dimostrano ancora una volta il tuo costante interesse per la natura. Come tramuti musicalmente questa  sensibilità?

Non lo so, penso e rispetto la natura. E’ la mia dolce e severa madre, cerco di ricordarlo ogni istante, quindi lo faccio anche quando suono e quando scrivo.

“Quasi Nirvana” rappresenta la ricerca dei luoghi ameni della nostra anima. Come hai concepito questa traccia? 

L’ho concepita prima strumentalmente, come sempre faccio per ogni brano, poi ci ho ricamato sopra le parole, minuziosamente, in silenzio, null’altro.

Cosa hai pensato quando sei salito sul palco inaugurando il nuovo tour?

Che questa è la mia vita, scrivere e poi suonare e cantare.



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