Intervista ad Elvira Frosini e Daniele Timpano
In occasione del loro focus al Teatro Sancarluccio di Napoli, in cui hanno presentato tre spettacoli (Si, l’ammore no, Risorgimento Pop e Aldo Morto), abbiamo intervistato Elvira Frosini e Daniele Timpano (quest’ultimo freschissimo vincitore di Rete Critica 2012), sodalizio nella vita e nell’arte, avendo realizzato insieme proprio Si, l’ammore no e avendo in programmazione in questi mesi un nuovo lavoro.
In occasione del loro focus al Teatro Sancarluccio di Napoli, in cui hanno presentato tre spettacoli (Si, l’ammore no, Risorgimento Pop e Aldo Morto), abbiamo intervistato Elvira Frosini e Daniele Timpano (quest’ultimo freschissimo vincitore di Rete Critica 2012), sodalizio nella vita e nell’arte, avendo realizzato insieme proprio Si, l’ammore no e avendo in programmazione in questi mesi un nuovo lavoro.
Innanzitutto qual è la genesi di Si, l’ammore no?
E. F. Lo spettacolo nasce nel 2008, quando a Sermoneta ci hanno chiesto una piccola performance di 15 minuti in esterna in questo palazzo con queste arcate medioevali, e lì ci è nata, proprio in relazione a questi spazi, l’idea della figura degli innamorati. Da lì quest’idea è stata sviluppata e abbiamo partecipato con uno studio al premio Dante Cappelletti, di cui siamo finalisti, e da lì ci siamo spostati da uno spettacolo semplicemente sull’immaginario degli innamorati ad uno sviluppo più approfondito anche del rapporto tra i sessi.
Una delle cose più interessanti è il fatto che siete riusciti a trovare un punto d’equilibrio tra due punti di partenza diversi – uno proviene infatti dal teatro essenzialmente drammaturgico e legato alla parola, l’altro dal teatro danza.
D. T. Il discorso che ci interessava era quello di intersecare più linguaggi, uno più fisico l’altro più testuale, e che avesse come obiettivo quello di trovare anche un punto di equilibrio tra l’unione di due personaggi come è appunto l’unione amorosa; il risultato di questa unione è il dinosauro-mostro che rappresenta il figlio dell’unione, e quindi lo spettacolo stesso.
Al Teatro Sancarluccio, in occasione della replica di Si, l’ammore no, abbiamo assistito anche ad una performance di Elvira dal titolo Can you eat me?; di che si tratta?
E. F. Questa performance in realtà è parte di uno spettacolo più grande, DigerSeltz, di cui rappresenta il prologo, e che in realtà è una cosa che si chiude in sé e che spesso porto in scena anche in spazi inusuali e non teatrali.
Daniele per altro ha portato al Teatro Sancarluccio 2/3 della sua trilogia raccolta nel volume Storia Cadaverica d’Italia; quando hai iniziato a scrivere il primo testo, già avevi in mente una trilogia?
D. T. No, in realtà mi sono accorto solo durante la lavorazione che c’erano alcuni temi ricorrenti, e quindi a definire potenzialmente l’idea di una trilogia, che ruota anche – oltre che sulla storia d’Italia – intorno al tema della morte: il cadavere – in assenza – di Mussolini in Dux in scatola, il cadavere di Mazzini (e dell’Italia intera) in Risorgimento Pop e ovviamente il cadavero di Moro in Aldo Morto.
Progetti futuri?
D. T. Stiamo per iniziare un nuovo lavoro insieme, che inizierà con una residenza al Teatro India per il progetto “Perdutamente” che riunisce diciotto compagnie romane in una fase prima laboratoriale e poi di sviluppo dei risultati, e che verterà sul tema degli Zombi.
E. F. Si tratta di un lavoro che verterà sulla risurrezione e anche sulla figura politica dello Zombi come di un qualcosa che ritorna appunto per chiedere il conto.
D. T. Inoltre nel 2013 abbiamo due grandi progetti al Teatro dell’Orologio di Roma e che si terranno presumibilmente in Primavera, ma di cui non possiamo rivelare ancora nulla.