Cultura & Sviluppo

Intervista a Silvia Costa

Cristina Lucarelli

Intervista all’europarlamentare Silvia Costa, relatrice del programma “Creative Europe” dell’Unione Europea.

Una delle relatrici del progetto Creative Europe (di cui abbiamo parlato più diffusamente qui) è l’onorevole Silvia Costa, europarlamentare, che si è distinta per una serie di proposte atte a migliorare questo programma dell’Unione Europea che partirà nel 2014 e che finanzierà 1,8 miliardi di euro fino al 2020; abbiamo avuto l’occasione di scambiare due parole con l’On. Costa, in occasione della sua partecipazione a Ravello Lab.

Quali sono le innovazioni di Creative Europe nei confronti dei precedenti programmi Cultura e Media, che di fatto ingloba?

Creative Europe innova nel senso che cerca di concentrare gli obiettivi strategici sulla risposta a queste sfide:

  • La globalizzazione, intesa a mio avviso non soltanto nel senso della grande spinta alla circolazione europea della cultura attrezzando fortemente le nostre industrie culturali per farle competere, ma anche valorizzando di più le diversità culturali e locali ma in una prospettiva glocal, e questo nel programma c’è solo in parte;
  • La frammentazione del mercato europeo, diviso da differenze linguistiche. Proprio per questo una delle mie proposte è stata quella di dare maggiore supporto alla sottotitolazione e al doppiaggio e alla circuitazione europea in condizioni di parità linguistica; la frammentazione però significa anche internazionalizzare le carriere, significa dare maggiore supporto alle coproduzioni cinematografiche ed audiovisive, significa creare una piattaforma, anche online, che possa offrire possibilità di accesso alla cultura in generale e circolazione di opere che non vanno nelle sale o nei teatri, allargando così il pubblico;
  • L’accesso al credito da parte delle micro istituzioni culturali, che spesso non hanno beni materiali, ma hanno beni immateriali, come l’ingegno appunto, e io trovo molto interessante che come integrazione ai fondi grants quest’idea che prevede che le istituzioni e gli intermediari finanziari possano valutare in maniera migliore le capacità di ricaduta dei progetti culturali attraverso una garanzia che darà l’Unione Europea; questa garanzia ha durata dieci anni, gli istituti finanziari sono più incoraggiati perché sanno che se sono in sofferenza dopo 90 giorni possono richiedere la garanzia all’Unione Europea, quindi c’è un modo per avvicinare questi istituti alla cultura. In questo senso l’Italia deve pensare anche ad un nuovo modello di sviluppo in questo senso, che passi attraverso nuove politiche di expertise.

 

Forse può aiutare anche la creazione di un modello di sviluppo delle istituzioni culturali più simile a quello dei centri culturali americani…

Si, ma deve esserci anche la parte finanziaria. Quello che sto cercando di fare è fissare gli standard di eligibilità di questi fondi, inserendoci anche cose che sono tipiche delle istituzioni culturali, come il cash flow; se chi fa un progetto culturale sa che avrà il finanziamento solo alla fine e non riesce ad averlo in tempo per fare la programmazione, esibendo quello avrà accesso ai fondi. Quindi ho cercato di ampliare, perché il programma non si riferisce solo alle imprese culturali, ma anche ai progetti singoli ed alle istituzioni culturali. Un’altra cosa nuova è il cosiddetto cross-sector, ovvero la possibilità di far lavorare in tandem varie partnership creative, istituendo nuovi esempi di governance; il mio contributo in questo senso è stato quello di non perdere di vista marchi importanti come il marchio MEDIA, che nel progetto originale era integrato completamente all’interno del programma, lasciando però allo stesso tempo ampio spazio alla sperimentazioni.

Lei come europarlamentare ha sicuramente una visione delle politiche culturali sia nazionale che europea; a volte ho l’impressione che in Italia ci sia un problema di vocabolario, poiché molto spesso per cultura si intende il singolo prodotto artistico (spettacolo, concerto, film, ecc.) e non si ha un’idea globale di un qualcosa di più ampio che può generare anche sviluppo. Lei che ne pensa?

Penso che sia giusto, e questa è un po’ la sfida di Europa Creativa, nel senso che non c’è opposizione tra i due tipi di intervento culturale, quello che si occupa della tutela del patrimonio culturale e quello invece più legato alla creatività e all’innovazione; io ritengo che queste due azioni diverse debbano andare di pari passo e basti pensare ad alcune esperienze interessanti come quella di Torino che ci dimostrano che noi abbiamo eccellenze di questo tipo anche in Italia; queste eccellenze funzionano solo perché tutti i soggetti si mettono insieme per lavorare ad un progetto di lungo respiro, stabilendo a priori come reperire i fondi attraverso un masterplan, e non andando alla ricerca del progettino per guadagnare finanziamenti. 



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