In Sala. Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza
La Svezia vince il Leone d’oro e arriva nelle sale per stupire col suo umorismo e le sue riflessioni firmate Roy Andersson.
All’interno di una cinematografia in continua evoluzione e rinnovamento come quella scandinava, c’è qualche pilastro della vecchia guardia ancora rimasto in piedi e sempre capace di sfornare opere profonde e raffinatissime dal punto di vista tecnico. È il caso di Roy Andersson, maestro del cinema svedese, che con il suo nuovo lavoro, intitolato Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza e vincitore del Leone d’oro all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, porta sullo schermo una serie di riflessioni riguardanti la vita, la morte e l’esistenza dell’uomo in generale attraverso un umorismo molto sottile e spietato. Ciò che ne consegue è una pellicola di non facile e immediata lettura la cui visione merita un’attenzione particolare, non comune a chi in sala è abituato a distarsi e a non seguire ogni dettaglio di quello che vede sullo schermo.
Il film segue il percorso di Sam (Nils Westblom) e Jonathan(Holger Andersson), due disperati venditori ambulanti di articoli per feste, e li accompagna in una serie di scene di vita quotidiana che evidenziano il rapporto tra l’uomo e la vita e la sua paura della morte.
A dispetto della complessità dei contenuti, Andersson rifugge da ogni tipo di lungaggine e didascalismo imprimendo alla sua opera una velata vena ironica che si materializza attraverso una serie di sketch basati su situazioni grottesche e surreali, su tutte spicca la scena in cui in un tranquillo bar di periferia approda a cavallo un re medievale con tutta la sua corte al seguito. Altro elemento su cui il regista gioca è il contrasto, impersonificato dalla coppia di venditori di scherzi di carnevale (interpretati alla grande dagli ottimi Westblom e Andersson) i cui volti pallidi e provati dalle delusioni della vita riescono ad infondere un senso di tristezza persino agli squallidi e datati giochi che cercano di vendere in ogni luogo dove si recano. I due si lasciano andare anche a discorsi di carattere filosofico fini a se stessi e poco interessanti, come dimostra la reazione del proprietario della pensione in cui alloggiano che li invita a smetterla di parlare e andare a dormire, quasi a voler dire che la vita va avanti e non c’è tempo per riflessioni di questo tipo. Il regista, tuttavia, non trascura la ricerca di virtuosismi tecnici e ci regala momenti di altissimo cinema grazie alla capacità di concepire le diverse scene alla maniera di dipinti colorati con tonalità fredde e tenui, nonché inquadrature di grande impatto scenico: la più significativa è quella che immortala gli schiavi di colore mentre entrano in una grande struttura cilindrica, immagine che ricorda quella proposta da Joshua Oppenheimer in The Act of Killing.
Dettagli
- Titolo originale: En duva satt på en gren och funderade på tillvaron
- Regia: Roy Andersson
- Fotografia: István Borbás, Gergely Pálos
- Musiche: Hani Jazzar, Gorm Sundberg
- Cast: Holger Andersson, Nils Westblom
- Sceneggiatura: Roy Andersson