Cinema

Tommaso

Valentina Esposito

Problemi di comunicazione e linguaggio: Kim Rossi Stuart e l’occasione mancata di Tommaso.

Sul film di Kim Rossi Stuart, presentato alla 73esima Mostra del Cinema di Venezia in sezione Fuori Concorso, ci si è davvero divertiti a dare definizioni disparate, cercare disperatamente le motivazioni più banali che hanno riportato l’attore a indossare i panni da regista.

Don Giovanni, Erotomane, Narcisista, Tommaso vede nudo, un film biografico. Ecco, chi ha voluto vederci tutto questo si è soffermato a guardare in maniera semplicistica una pellicola che fa fatica a trattenere lo spettatore comodamente seduto in sala, senza dubbio, ma da cui è possibile scavare e vedere molto di più. Kim Rossi Stuart ha molto da dire, e con Anche libero va bene dieci anni fa lo aveva già dimostrato. Il vero peccato è il come decide di raccontare tutto quel materiale onirico, per dirla con il suo Tommaso, ma anche antropologico, che se lo porta sulla sedia da regista è perché c’è chiaramente l’urgenza di raccontare i nodi e i vermi di una realtà circostante sempre più sterile e fasulla.

Tommaso è un attore che ha una grande esigenza di esprimersi. Insoddisfatto di farsi cucire addosso personaggi, questa volta una commedia la vuole fare lui, o almeno vuole provare a scriverla per rompere la monotonia di giornate che si alternano tra lo studio di uno psicologo, che lo incita a ritrovare il bambino dentro di sé, una relazione (in)stabile con Chiara/Jasmine Trinca, e desideri inespressi. Tommaso è una pentola a pressione che può scattare da un momento all’altro: guarda ma non tocca, gode ma senza consumare, sogna ma non prende. È una lastra di ghiaccio che non si scompone più di tanto quando la sua ragazza storica se ne va, e neppure quando la seconda, Federica/Cristiana Capotondi, gli grida di essere il peggiore degli uomini. È un uomo in crisi che non riesce più a fare l’amore, che a quarant’anni vorrebbe una donna da amare e una famiglia da accudire, ma si ritrova ad avere una madre lontana e parassita. Si accontenta di donne che non lo comprendono, nelle quali trova tutti i difetti estetici possibili per giustificare le sue continue voglie e fantasie su qualsiasi altra donna gli capiti sotto mano. Poi incontra Sonia/Camilla Diana, un’esplosione di giovinezza che si fa desiderare e che crede possa essere la soluzione ai suoi problemi.

Tommaso è uno di quei film che non appena esci dalla sala ti fa sentire frastornato, e ti chiedi se chi lo ha confezionato non avesse bisogno in realtà del lettino di uno psicanalista. Poi le immagini forti, Rossi Stuart sperimenta giocando con diversi generi, e lo sguardo svampito e indeciso di un uomo tanto affascinante quanto debole e insicuro, riaffiorano, e ci trovi dentro non pochi dei malesseri del nostro tempo. Primo su tutti, ad oggi quasi irrisolvibile, l’incapacità di comunicare. L’attore romano ci lancia un interrogativo pericoloso: perché non riusciamo più a comunicare? Tommaso ha bisogno infatti del linguaggio onirico per spiegarsi quello che gli sta accadendo, perché il linguaggio della realtà risulta ormai saturo e totalmente inadeguato per raccontare il malessere che si porta dentro. Un macigno interiore che viene rappresentato da un nido di vermi avvolto in una coltre di cotone, e che per tutto il film sarà la zavorra di un albero da tagliare quanto prima possibile, per evitare che “ammali” tutto il bosco circostante.

Il secondo film di Kim Rossi Stuart, che a distanza comunica con il primo e per motivi molto più forti del riproporsi di un personaggio che si chiama allo stesso modo, è un’occasione mancata: fallisce sul piano registico perché si dimentica dello spettatore trascurando il come far arrivare tutto quel materiale di cui vuol parlare, ma sul piano contenutistico scuote e turba. Lancia sassi e ferisce, perché le mancanze e i dubbi di Tommaso sono quelli del nostro tempo: l’incapacità di intrattenere e di credere nelle relazioni, e non solo in quelle sentimentali, la fluidità, per dirla con Bauman, e la sostituibilità che governa non solo l’economia ma anche i rapporti di lavoro e i sentimenti. Una scia che l’attore intravede ma non sviluppa a sufficienza, accontentandosi di risolvere facilmente il dramma interiore di Tommaso chiamando all’appello le solite e consumate teorie freudiane sui rapporti madre/padre/figlio.

Kim Rossi Stuart apre un vaso di pandora, ma finisce per peccare dello stesso errore di Tommaso e della sua/nostra generazione: non impegnarsi a sufficienza nel (ri)cercare un linguaggio che possa parlare a tutti, anche a chi si è seduto in sala senza troppe pretese, o quanto meno che si sforzi di lavorare su più livelli linguistici, e accontentarsi di conclusioni semplicistiche e già note, pur lasciando intuire che ci fosse ancora molto altro da dire. Obiettivi che il cinema più raffinato e d’autore non dovrebbe mai dimenticare, se come tale cerca di presentarsi.


Dettagli

  • Titolo originale: Tommaso
  • Regia: Kim Rossi Stuart
  • Anno di Uscita: 2016
  • Genere: Commedia
  • Fotografia: Gian Filippo Corticelli
  • Musiche: Ratchev & Carratello
  • Costumi: Alessandro Lai
  • Produzione: Italia
  • Cast: Kim Rossi Stuart, Cristiana Capotondi, Jasmine Trinca, Camilla Diana
  • Sceneggiatura: Kim Rossi Stuart, Federico Starnone

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