Cinema

In Sala. The Transporter Legacy

Vincenzo De Divitiis

Camille Delamarre prova, e in parte riesce, a rivitalizzare la saga del Transporter di Jason Statham con un nuovo protagonista, Ed Skrein.

 

Da alcuni anni a questa parte la Francia ha riscoperto il gusto del cinema di genere e, a differenza del nostro paese, lo ha fatto mettendo sul campo grandi risorse economiche con cui è stato possibile realizzare produzioni di ampio respiro in grado di fare concorrenza anche ai colossi americani. Il deus ex machina di questo nuovo corso è stato Luc Besson il quale ha permesso a tanti giovani registi di cimentarsi con action movie dall’alto tasso spettacolare, alcuni dei quali divenuti piccoli cult fra gli appassionati del genere. Insieme ai vari Louis Letterier, Pierre Morel e Olivier Megaton, un altro esponente di spicco è senza dubbio Camille Delamarre che con il suo nuovo film, intitolato The Transporter Legacy, cerca di riportare in auge l’omonima saga con protagonista Jason Statham.

Frank Martin (Ed Skrein) è il migliore autista su piazza e lavora anche per boss della malavita locale. Un giorno viene chiamato da Anna (Loan Chabanol), una giovane donna intenta a vendicarsi dell’uomo che anni prima le ha rovinato la vita, che coinvolge il protagonista all’interno di una lotta proprio contro uno dei suoi ex datori di lavoro, ovvero il boss Karasov (Radivoje Bukvic).

Dopo aver diretto il remake di Banlieu 13 (il modesto Brick Mansions), Delamarre non getta la spugna e continua su questa strada con risultati questa volta più che dignitosi. Per non rischiare un altro flop, il regista riprende pari pari lo schema del modello originale e dunque sulla scena assistiamo a duelli corpo a corpo e lunghi inseguimenti tra le strade del Principato ben realizzate e stupefacenti, in alcuni punti, per la mano sicura con cui sono girati e resi in maniera spettacolare. La chiave di tutto è l’inverosimiglianza degli eventi, la poca aderenza alla realtà che rappresentava il punto di forza degli episodi precedenti e che qui aleggia per quasi tutto l’arco della storia anche grazie ad una serie di dialoghi poco credibili e vuoti di sceneggiatura ampiamente perdonabili visto l’obiettivo finale del film.

Gli unici tasselli poco rispondenti a questa vena surreale e grottesca sono proprio gli attori colpevoli di prendersi troppo sul serio, in primis Skrein che, pur essendo abbastanza efficace nelle scene d’azione, non ha il peso di Jason Statham non solo per presenza scenica ma anche per la mancanza di quel sorriso beffardo in rima con il suddetto tono del film. Se a questo aggiungiamo un finale deludente sotto l’aspetto dell’azione, si capisce come Delamarre abbia sfruttato solo a metà una ghiotta occasione per imporsi al grande pubblico e fare il definitivo salto di qualità, anche se i miglioramenti ci sono stati.

 



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