In Sala. Pussy Riot: A Punk Prayer
Per gli incontri di HUB è stato proiettato il documentario di Lerner e Pozdorovkin sulla ribellione in formato musicale del gruppo punk russo delle Pussy Riot.
Il Marzo 2012 segna una data importante nella recente storia sociale della Russia. Tre attiviste del gruppo Pussy Riot (Nadia, Masha e Katia) si introducono nell’antica Cattedrale moscovita di Cristo Salvatore e recitano una preghiera punk dal forte tono polemico e anticonformista dal titolo “Madre di Dio diventa una femminista e liberaci da Putin”.
Il gesto delle tre donne, subito fermate e arrestate dalle forze dell’ordine, suscita reazioni forti sia da parte del capo del governo russo sia delle alte autorità ortodosse e pone inizio ad un lungo calvario giudiziario. Una vicenda ripercorsa con precisione e contezza dei fatti da Mike Lerner e Maxim Pozdorovkin che nel loro documentario, Pussy Riot: A Punk Prayer, raccontano il clamore mediatico di quei mesi attraverso immagini inedite e le dichiarazioni di chi conosce le protagoniste fin dall’infanzia.
“L’arte non è uno specchio per riflettere la realtà, ma un martello con cui darle forma.”
Questa frase di Bertold Brecht, posta ad inizio del documentario, riassume al meglio la volontà del movimento Pussy Riot di utilizzare il loro linguaggio musicale, il punk, per smuovere le coscienze e contestare una società maschilista ed ancorata ad ideali troppo conservatori. La loro vena artistica appare evidente non solo nelle esibizioni pubbliche con tanto di passamontagna colorati e movenze coreografiche di grande impatto visivo, ma anche nei difficili momenti delle udienze durante le quali Nadia, Masha e Katia ribadiscono il carattere sovversivo ma al tempo stesso innocuo della musica e della cultura in generale.
Sequenze nelle quali è possibile scavare nella profondità dei loro sguardi e scorgere tutta la loro determinazione e voglia di andare fino in fondo nella propria lotta, senza alcuna paura della prigione. Al loro modo di essere fiero e, per certi versi, spettacolare fa da contraltare un atteggiamento repressivo della fetta ortodossa della popolazione russa, autori di manifestazioni che fanno ben comprendere come la rivoluzione culturale auspicata dal movimento femminista sia ancora lontana dall’avverarsi.
La contrapposizione tra le due fazioni viene ben tradotta dai due registi attraverso un montaggio che con l’andare avanti della pellicola diventa sempre più serrato e funzionale a catturare l’attenzione del pubblico che, pur sapendo il finale della vicenda, non può non restare incollato allo schermo a guardare scene di piazza che fotografano al meglio il clima di tensione vissuto tra le diverse anime della popolazione russa.