In Sala. Life
Uno James Dean inedito e Dennis Stock, fotografo del noto magazine Life, protagonisti della nuova pellicola di Anton Corbijn, che riesce a darci senza troppi fronzoli l’inquietudine di un mito.
James Dean (Dane DeHaan) è la nuova promettente stella del cinema americano: quella recitazione autentica e sorprendente per l’epoca, quell’ostentata (in)sicurezza e quel viso ribelle sono i tratti della nuova immagine di un uomo che più della fama desidera il sogno e la tranquillità. Quel ragazzo è destinato a segnare il cinema americano, i suoi canoni e l’immaginario collettivo di milioni di spettatori, ma nessuno lo sa. Solo Dennis Stock (Robert Pattinson), fotografo alla ricerca dell’occasione giusta per lasciare la sua carriera d’assalto vede in Dean gli occhi dei ragazzi della sua epoca, consumati, sospesi tra la realtà e il sogno, tra doveri e desideri. E allora perché non raccontare in scatti, prima che la nuova stella del cinema esploda in Gioventù bruciata, il ragazzo che c’è dietro quel fascinoso volto d’attore?
Gli scatti di Stock sono unici, inediti, materiale prezioso per gli amanti del Rebel Without a Cause e per chi non dimentica che dietro un’immagine, fomentata dagli addetti al settore e spesso dallo stesso artista che accetta di entrare nel gioco dei mass media con (in)coscienza, c’è un uomo, un ragazzo di vent’anni che ama ed odia la fama allo stesso tempo. C’è inquietudine, sviscerato amore per la vita, ricerca d’identità: la sceneggiatura di Luke Davies vuole darci un Dean inedito, lo spoglia della maschera da ribelle e ce lo mostra insicuro, imprevedibile, con gli occhi sognanti a leggere poesie, nudo dinanzi ad uno sconosciuto che a differenza del mondo circostante, vuole davvero conoscerlo e afferrarne l’aura per sempre in una foto. Corbijn alla regia, fotografo anche lui, sembra proprio far coincidere gli occhi di Stock con quelli della macchina da presa: una grande forza che rivela l’originalità di un film che non vuole raccontare James Dean, ma ridimensionarlo attraverso la storia di un incontro che si fa sincera amicizia.
Pecca evidente di Life però è quella di darci una prima parte accattivante e coinvolgente ma di disperdersi nella seconda, proprio quando Dean torna nei luoghi della sua infanzia, per lui momento fondamentale, rendendo i dialoghi sterili e noiosi, soffocati da una regia troppo lenta e spenta. La pellicola di Corbijn quindi si trasforma purtroppo in un’occasione mancata, e dispiace dinanzi ad una notevole fotografia (Charlotte Bruus Christensen), il ricco materiale narrativo e la vincente sintonia instauratasi tra Pattinson e DeHaan, un James Dean meravigliosamente credibile.