Cinema

In Sala. Le origini del male

Vincenzo De Divitiis

La Hammer Film Productions, vecchia gloria del cinema inglese, continua nella sua opera di rivalsa con l’horror semi-riuscito di John Pogue su scienziati folli e possessioni.

Gli ultimi quattro anni hanno visto la piacevole rinascita di una delle case di produzione più importanti e famose della storia del cinema horror, la Hammer Film Productions. Il marchio britannico, a cui sono legati i maggiori capolavori del genere degli anni Sessanta e Settanta, dovrebbe rappresentare un’assoluta garanzia per gli appassionati, ma il condizionale diventa d’obbligo se si pensa ai titoli deludenti sfornati in questo arco di tempo: The Woman in Black e The Resident sono i due casi più significativi. Una falsa riga dalla quale sembra volersi riscattare John Pogue che, al suo secondo lavoro dopo Quarantena 2 (remake americano dello spagnolo Rec), si cimenta nella sua prima prova autoriale ne Le origini del male con risultati altalenanti. La sua opera, basata su fatti realmente accaduti, parte con delle buone premesse ma con lo scorrere degli eventi dimostra alcuni difetti che ne limitano la totale buona riuscita.

Università di Oxford, 1974. Il professor Joseph Coupland (Jared Harris) decide di curare una ventenne affetta da schizofrenia, Jane Harper (Olivia Cooke), che crede di essere posseduta da un demone di nome Evey. Accompagnato da un cameraman, Brian McNeil (Sam Claflin), e da altri due studenti, il professore porta la giovane in una villa per curarla e catalizzare l’energia negativa  indotta in Jane da un fantasma, in modo da riuscire a separare il bene dal male in un essere umano. Tutto fila liscio fin quando la parte maligna di Jane non prende il sopravvento.

Le storie sulle possessioni possono seguire due strade tra loro contrapposte: da un lato vi è quella legata alla religione e alle credenze popolari, dalla’altra quella del tutto opposta relativa al campo scientifico. È proprio a quest’ultima che sembra appoggiarsi Pogue per ricavarne un intreccio ben strutturato e complesso, con personaggi caratterizzati ed esplorati a dovere nei lati più nascosti delle loro personalità. Altro punto di forza è la gestione degli spazi interni sfruttati con intelligenza per merito di un’ottima fotografia (Mátyás Erdély) che alterna ambienti luminosi ad altri cupi e angoscianti e della felice scelta di inserire in alcuni punti lo stile mockumentary per acuire la tensione.

Malgrado ciò tutto viene offuscato da un finale che, seppur condito di risvolti narrativi interessanti, viene sviluppato in maniere frettolosa scadendo, così, in alcune dinamiche tipiche di questi tipi di film. Rimangono da sottolineare, tuttavia, le ottime prestazioni di Olivia Cooke, perfetta nell’interpretare i tumulti interiori di un’adolescente con problemi di mente, e di un Jared Harris magistrale nei panni della tipica figura del mad doctor della tradizione gotica.


Dettagli

  • Titolo originale: The Quiet Ones
  • Regia: John Pogue
  • Fotografia: Mátyás Erdély
  • Musiche: Lucas Vidal
  • Cast: Jared Harris, Sam Claflin, Erin Richards, Olivia Cooke
  • Sceneggiatura: John Pogue, Oren Moverman, Craig Rosenberg

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