In Sala. Il Club
Il ritorno sul grande schermo del regista cileno Pablo Larraín ci porta all’interno di una casa di penitenza, a seguire le vicende di un gruppo di sacerdoti macchiati dal peccato.
Un gruppo di sacerdoti dalla storie travagliate e sporcate dal peccato si rifugia a La Boca, paesino cileno dimenticato dal mondo. Ognuno cerca di sopravvivere come meglio può per dimenticare la sua pena, ristorandosi tra una passeggiata al mare, una preghiera, un pasto e l’affetto di un cane. Una vita tranquilla e ordinaria che viene sconvolta da due eventi imprevisti, l’arrivo di Padre Lazcano (José Soza) e di Padre Garcìa (Marcelo Alonso), attento e giovane sacerdote che deve decidere le sorti di una dimora sulla quale si affacciano ombre e psicosi irrisolte.
Pablo Larraín anche nel suo Il Club, resta fedele alla linea: un cinema che parte dall’umano e dalla sua dimensione sociale, politica e privata, incapaci di guardare con occhi lucidi la realtà, costretti a recitare o abbandonati confortevolmente ad una vita tappezzata di fragilità irrisolte, da colmare con la banalità del quotidiano. Ma se in No – I giorni dell’arcobaleno era un giovane a farsi salvatore di un riscatto politico mosso ancor prima dalla generazione precedente, ne Il club c’è il tacito patto di non cercare alcuna forma di riscatto. Non avere problemi, occultare il passato e persino il presente si presenta come la soluzione migliore per non condurre la Chiesa ad indagare i suoi mali attraverso quelli che dovrebbero essere i suoi testimoni nel mondo.
Ciò che preme maggiormente a sottolineare il regista cileno è l’assoluta impossibilità di poter scorgere una condotta morale completamente innocente in ciascuno dei personaggi che si trovano invischiati nella vicenda: il peccato allora è una macchia d’olio che non sconta nessuno, neppure chi pur sapendo o chi conosce il passato vorrebbe erigersi a garante della giustizia. Non sono però nel suo cinema i personaggi a parlare, ma gli scorci di un paesaggio che si presta a farsi tela su cui dipingere gli stati d’animo e l’asprezza delle vicende che di lì a poco si innescheranno. Ogni angolo, ogni inquadratura dei luoghi protagonisti è una pagina scritta che custodisce silenzi, segreti e perversioni umane: è proprio questo tipo di narrazione che rende il film di Larraín una pellicola agghiacciante, che lascia fino all’ultima scena un inevitabile senso di angoscia.
Pur trattandosi di un film il cui alto valore non è da discutersi, non si possono però ignorare alcune ridondanze, come lasciar ripetere più volte ad uno stesso personaggio i dettagli delle pratiche sessuali e degli abusi subìti, a scapito invece di un maggior approfondimento introspettivo di ciascuno. Poco riuscito è inoltre il tentativo di rendere grottesche alcune sequenze della prima parte, che avrebbero giovato a rendere più leggeri i toni di un argomento già così spinoso, e a creare una maggiore empatia con lo spettatore, che rischia di essere relegato a un astante inerme.
Dettagli
- Titolo originale: El Club
- Regia: Pablo Larraín
- Genere: Drammatico
- Fotografia: Sergio Armstrong
- Musiche: Carlo Cabezas
- Cast: Alfredo Castro, Roberto Farìas, Antonia Zegers, Marcelo Alonso, José Soza
- Sceneggiatura: Guillermo Calderòn, Pablo Larraín, Daniel Villalobos