Cinema

In Rete. Profughi a Cinecittà

Mariangela Sapere

Cinecittà, studi cinematografici e camp profughi dimenticato e sepolto fino al racconto al pubblico col documentario di Marco Bertozzi.

Uno dei nomi più conosciuti nel mondo del documentario italiano è sicuramento quello di Marco Bertozzi. Classe 1963, ha affiancato all’attività registica quella di teorico del documentario, scrivendo una serie di libri come L’idea documentaria o Storia del documentario italiano, uno dei manuali più interessanti in circolazione sul tema, e svolgendo attività didattica (insegna alla IUAV, tra le altre cose) e di promozione attraverso associazioni ed enti nazionali ed internazionali.

I suoi documentari si concentrano sul tema dell’immaginario urbano e delle identità culturali, spesso utilizzando anche il cosiddetto “found footage”, ovvero immagini di repertorio per dar corpo e vita al messaggio, come accade in Appunti romani, il suo film più famoso. Il suo ultimo lavoro però, dal titolo Profughi a Cinecittà, realizzato in collaborazione con Istituto Luce e presentato in prima mondiale al Bif&st 2014, utilizza materiale di repertorio soltanto nella scena iniziale, preferendo affidarsi alla narrazione e al ricordo di chi ha vissuto le scene trattate.

Il film racconta la trasformazione sociale e urbana effettuata da Cinecittà negli anni a cavallo tra il 1943 e il 1950, da quando, in piena seconda guerra mondiale, a Roma i nazisti deportarono 947 uomini presi nell’area che va dal quartiere Quadraro a Cinecittà, per rinchiuderli negli studios trattati con disumanità, come animali al macello, al depredamento degli stessi studios da parte dei tedeschi, che portano in patria tutte le attrezzature presenti, fino all’arrivo degli americani nel 1944 che decidono di trasformare l’area degli studi cinematografici in un grande campo profughi, diviso tra quelli internazionali e quelli italiani. Un dramma umano durato fino al 1950, quando l’allora giovane sottosegretario Giulio Andreotti mandò a casa i profughi per restituire il luogo al cinema, senza però trovare reali soluzioni per gli sfollati che, salvo per alcune comparsate che gli hanno dato un piccolo contributo economico (ad esempio in Quo Vadis? Sono presenti molti di loro), hanno continuato a girare di campo in campo per alcuni anni.

Bertozzi dissotterra la memoria raccontando questa pagina oscura e poco conosciuta della nostra storia e del nostro cinema attraverso le voci dei protagonisti che hanno vissuto in questi campi, molto spesso aiutandoli a vincere la vergogna e il dolore che li ha spinti, per tutti questi anni, a non raccontare la loro vicenda. Il loro voler dimenticare la loro passata condizione è stata aiutata dal contesto, a cominciare dai registi stessi di quegli anni, che fecero finta di nulla pur sapendo cosa succedesse lì, per tenersene lontani, spiegando così l’assenza di materiale d’archivio, salvo il brevissimo brano messo all’inizio del documentario. 


Dettagli

  • Titolo originale: Id.
  • Regia: Marco Bertozzi
  • Fotografia: /
  • Musiche: /
  • Cast: /
  • Sceneggiatura: Marco Bertozzi

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