Cinema

In Focus. “Race”, ovvero la corsa al riconoscimento del biopic afroamericano

Marina Niceforo

La storia di Jesse Owens e il dilemma del biopic necessario per contrastare gli #OscarSoWhite.

 

Race – Il colore della vittoria è il biopic diretto da Stephen Hopkins sulla vita della leggenda dell’atletica Jesse Owens, dall’inizio della sua carriera alla Ohio State University alla partecipazione ai giochi olimpici di Berlino 1936, durante il regime nazista.

Appena arrivato all’università, Owens (interpretato dal giovanissimo Stephan James) è determinato a correre e correre soltanto per poter mantenere i suoi genitori, la sua fidanzata e sua figlia Gloria: sotto la guida dell’allenatore Larry Snyder (un convincente Jason Sudeikis), arriverà a gareggiare alle Olimpiadi in Germania nel ’36, tra le pressioni della comunità afroamericana – che all’epoca subiva ancora discriminazioni negli Stati Uniti e che sperava nel boicottaggio di Owens in segno di protesta – e la difficile posizione politica americana rispetto alla partecipazione ad una competizione sportiva in un paese antisemita e apertamente razzista.

Le imprese di Jesse Owens rivivono in tutta la loro grandezza nel racconto di Joe Shrapnel e Anna Waterhouse, ottimo sicuramente nel descrivere la personalità e la figura dell’atleta con il suo desiderio di concentrarsi unicamente sui risultati sportivi; un po’ più stereotipato, ma comunque funzionale il rapporto con il suo allenatore Snyder. Il contesto storico, sociale e politico della vicenda costringe purtroppo la sceneggiatura a confrontarsi con temi affatto facili da trattare, e a correre qualche rischio mettendo in campo disuguaglianza sociale, politica interna ed internazionale americana, e infine dinamiche interne del nazismo (con lo strano contrasto tra Goebbels e la Riefenstahl).

Gli eventi sportivi sono così avvincenti da emozionare e quasi far tifare per il campione americano per tutta la durata del film, a dire il vero sempre molto godibile. Certo, si tratta comunque di un ritratto convenzionale dell’uomo e dell’atleta Owens, ma è la sua eroicità nell’atletica il vero punto forte di questa storia. Merito anche del regista Hopkins, che magnifica l’atleta rendendolo grande anche in mezzo alla folla (bellissima la sequenza nello stadio di Berlino) ed esaltandone la forza d’animo di fronte agli insulti e alle provocazioni (quando tutto si fa silenzio e conta solo la pista). Un omaggio ben concepito e dopotutto dovuto ad un altro grande dello sport americano.

Il campione afroamericano è solo l’ultima personalità di colore ad arrivare al cinema;  sono tantissime quelle (perlopiù statunitensi) le cui vite sono state ritratte in film di successo. Per citarne solo alcuni, i biografici Ray (2004), Get On Up (2014), Dreamgirls (2006) hanno omaggiato alcuni miti della musica; Mandela: Long Walk to freedom (2013) e Selma (2014) sono gli ultimi titoli dedicati a due grandi della politica, Nelson Mandela e Martin Luther King; tra i ritratti di sportivi, infine, come dimenticare Hurricane (1999), Alì (2001), e 42 (2013)? Anche nel caso di personaggi di colore non famosi i titoli si sprecano: tra i più recenti ci sono, ad esempio, The Butler (2013), Parla con me (2007), e The Help (2011).

Se è ormai una moda quella di portare sul grande schermo le storie di personaggi realmente esistiti, è forse diventato un punto d’orgoglio per la comunità afroamericani realizzare biopic su uomini e donne di colore più o meno famosi, vista una certa (mai esplicita) riluttanza delle giurie critiche a tributare riconoscimenti a film di afroamericani o con afroamericani. Per il secondo anno consecutivo, infatti, nessun attore o attrice di colore ha ricevuto una nomination alle ultime due edizioni degli Oscar (tra gli esclusi eccellenti di quest’anno Idris Elba per Beasts of No Nation, Michael B. Jordan per Creed o l’intero cast di Straight Outta Compton). Una decisione che già nel 2015 aveva scatenato le polemiche contro l’Academy sotto l’hashtag #OscarSoWhite.

Risale al 2014 l’ultimo premio importante assegnato a membri di colore dei cast artistici o tecnici di un film: la statuetta vinta da John Legend e Common alla migliore canzone originale (Glory) per il già citato Selma. Il 2013, invece, fu l’anno di 12 anni schiavo, con Lupita Nyong’o prima attrice africana a vincere un Oscar e le nomination per il protagonista Chiwetel Ejiofor e per il regista Steve McQueen.

L’anno prossimo Race potrebbe concorrere agli Oscar in diverse categorie, e magari invertire la tendenza iniziata nel 2015 portando a casa qualche statuetta dorata. Non è il caso di Jesse Owens – il cui merito sportivo era giusto si ricordasse in un film – ma resta il dubbio che, bianchi o neri che siano, non tutti i biopic siano davvero necessari.


Dettagli

  • Titolo originale: Race
  • Regia: Stephen Hopkins
  • Genere: Biografico
  • Fotografia: Peter Levy
  • Musiche: Rachel Portman
  • Cast: Stephan James, Jason Sudeikis, Eli Goree, Shanice Banton, Jeremy Irons, David Kross, Carice van Houten
  • Sceneggiatura: Joe Shrapnel, Anna Waterhouse

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