Il traditore
Tommaso Buscetta (Pierfrancesco Favino), uno dei primi pentiti di mafia della storia del nostro Paese, è “il traditore” di Marco Bellocchio.
Secondo Buscetta, Cosa Nostra – preferisce non chiamarla mafia poiché “la mafia non esiste, è un’invenzione dei giornali”, dirà immediatamente al giudice Giovanni Falcone (Fausto Russo Alesi) quando comincerà la sua collaborazione con la giustizia – non ha più i valori di un tempo, spazzati via dalla forza nascente, dirompente e sanguinaria dei corleonesi capeggiati da Salvatore Riina (Nicola Calì). Buscetta, “uomo d’onore” – così si definirà nel primo e tesissimo colloquio con Falcone – non può più permetterlo. Il bagno di sangue in cui è annegata la città di Palermo – il numero esorbitante dei morti scorre repentinamente sullo schermo, freddando lo spettatore – non ha risparmiato nessuno: lo stesso Buscetta perde il fratello, due dei suoi figli, il cognato, diversi nipoti.
Bellocchio, che non tralascia mai la parte più propriamente “documentaristica”, ripercorre circa vent’anni della storia di Buscetta (e, così facendo, del nostro Paese) partendo dalla grottesca festa da ballo nel giorno di Santa Rosalia, in cui una foto, un brindisi e i fuochi d’artificio avrebbero dovuto suggellare un accordo (di fatto mai avvenuto) tra le due famiglie malavitose. A questo punto i fatti – talvolta “sbavati” da quella aura allucinogena che è tipica dello stile di Bellocchio – si susseguono e vengono scanditi dai luoghi e dalle date: prima Rio De Janeiro (1980), città nella quale, sotto il falso nome di Roberto Felici, Buscetta era latitante da diversi anni e viveva con la sua terza moglie, Cristina (Maria Fernanda Cândido) e i loro figli; poi, subito dopo l’arresto per traffico di stupefacenti, l’estradizione in Italia, che tenterà (senza successo) di evitare avvelenandosi (1984); in seguito l’incontro con Falcone e l’inizio della collaborazione con lo Stato, che disvela una organizzazione e regole precise quali sono quelle di Cosa Nostra (“si deve immaginare una piramide, alla cui base ci sono i soldati semplici; io ero un soldato semplice”), il maxiprocesso del 1986 che, grazie alle confessioni del “traditore”, si conclude con pesanti condanne per circa 460 imputati; l’uccisione di Giovanni Falcone (1992); il rientro in Italia dagli Stati Uniti dove Buscetta viveva, protetto dallo Stato, da anni, per testimoniare – in onore di Falcone – al “processo del secolo” contro Giulio Andreotti, accusato di partecipazione ad associazione a delinquere.
È qui che il “traditore” si tradisce, manifestando tentennamenti e, additato dall’avvocato che lo ha interrogato come “voce inattendibile”; è qui che la ricostruzione storica diviene manifesto di ambiguità, di sottintesi, di dubbi. È il racconto di un’Italia che tradisce, si ingabbia, mente, sopravvive – Buscetta che negli anni del carcere, trascorre il tempo mangiando, sognando di essere morto e pedalando nei corridoi – e poi muore, perché non è vero che “si muore per tanti motivi, si muore e basta” dirà Falcone a Buscetta durante uno dei loro incontri. Falcone morirà da uomo di Stato, Buscetta da assassino – magistrale è la narrazione dell’unico omicidio che confessa al giudice, interrotta più volte nel corso del film e ripresa soltanto nel finale.
- Diretto da: Marco Bellocchio
- Prodotto da: Beppe Caschetto
- Scritto da: Marco Bellocchio, Valia Santella, Ludovica Rampoldi, Francesco Piccolo, Francesco La Licata
- Protagonisti: Pierfrancesco Favino, Maria Fernanda Cândido, Fabrizio Ferracane, Fausto Russo Alesi, Luigi Lo Cascio
- Musiche di: Nicola Piovani
- Fotografia di: Vladan Radovic
- Montato da: Francesca Calvelli
- Distribuito da: 01 Distribution (Italia)
- Casa di Produzione: IBC Movie, Kavac Film, Rai Cinema, Gullame, Ad Vitam Production, Match Factory Productions
- Data di uscita: 23 Maggio 2019 (Cannes e Italia)
- Durata: 135 minuti
- Paese: Italia, Francia, Brasile, Germania
- Lingua: Italiano