Il caso Kerenes
Vincitore dell’Orso d’Oro alla Berlinale 2013, il film rumeno di Calin Peter Netzer segna una nuova vetta del cinema con protagonista il rapporto tra una madre e la sua creatura.
Con una struggente riflessione su quel ruolo universale che è interpretato da ogni madre, giunge dalla Romania Il Caso Kerenes, di Calin Peter Netzer. Straniato e straniante, il film si fregia dell’Orso d’Oro, premio vinto lo scorso febbraio durante l’ultima edizione della Berlinale.
Cornelia è una madre manipolatrice e ambiziosa ossessionata dal quel figlio che lei soffoca di amore e possiede, di cui ne decide le sorti, arrivando persino ad odiarne la moglie Carmen per non rappresentare la donna-manichino pensata per l’amato figliolo. La sua vita è però destinata a cambiare bruscamente registro quando, una sera, alla guida di una lussuosissima e costosa automobile, la sua progenie investe un ragazzino povero, uccidendolo. Ancora una volta questa madre cerca di fagocitare il destino del figlio Barbu, cercando di evitargli il carcere in ogni modo possibile, oltre la legalità, acquistando impietosa quei “diritti” che crede di meritare.
Un punto di partenza per scandagliare le dinamiche di un rapporto morboso tra una madre-grande burattinaia (una straripante Luminita Gheorghiu) e un figlio confuso, che non sa se abbandonarsi all’ira o lasciarsi guidare come un’obbediente marionetta. Perché il decesso di un innocente diviene possibilità di riappropriarsi di Barbu e di gestirne egoisticamente il futuro, senza fare i conti con un’occasione di rifiuto. Nella conflittualità nevrotica che emerge, si annulla quasi il confine tra verità e finzione, in una durezza di fondo corroborata dalla midollare Cornelia. Ma l’abile messa in scena non si limita ad un passo a due, per quanto ben coreografato, esponendo al giudizio del prossimo la realtà di una società corrotta – in questo caso quella rumena – e la divisione classista tra il ricco nichilista e la plebe disumanizzata a cui non resta che morire. Un cinema sociale, girato prevalentemente con macchina a spalla o mano, e in una dimensione claustrofobica e che si aliena grazie ad un decisivo piano anaffettivo, rappresentato per lo più da Barbu, cui presta il volto Bogdan Dumitrache, del tutto a suo agio con il difficile ruolo. La tragedia scritta dal bravissimo Razvan Radulescu (penna che ha firmato anche 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni di Mungiu) e dallo stesso Netzer, si conclude con un finale viscerale e potente. Amore, perdono, comprensione, accettazione, sacrificio. Tutto in nome di una “Meravigliosa Creatura”, come canta Gianna Nannini.
Dettagli
- Titolo originale: Pozitia Copilului
- Regia: Calin Peter Netzer
- Fotografia: Andrei Butica
- Musiche: /
- Cast: Luminita Gheorghiu, Bogdan Dumitrache, Ilinca Goia, Natasa Raab, Florin Zamfirescu
- Sceneggiatura: Razvan Radulescu, Calin Peter Netzer