Francesco Frangipane/Filippo Gili // L’ora accanto (capitolo III)
Filippo Gili indaga il viaggio contrario dalla morte alla vita ne L’ora accanto, in scena fino al 14 febbraio al Teatro dell’Orologio di Roma
Con un viaggio a ritroso che comincia con l’inedito L’ora accanto (capitolo III), in scena in prima nazionale, il Teatro dell’Orologio propone l’intera Trilogia di Mezzanotte di Filippo Gili con la regia di Francesco Frangipane.
L’ora accanto chiude in modo emblematico il cerchio del discorso intorno alla vita e alla morte, inaugurato dai primi due capitoli della trilogia (Prima di andare via e Dall’alto di una fredda torre). Dopo la scelta della morte come unica possibilità liberante per la vita e il dilemma angoscioso su quanto sia giusto o meno incidere sul destino della vita degli altri, Filippo Gili approda, ora, alla considerazione di un’ulteriore modo di compenetrazione e connessione tra la vita e la morte: la possibilità di un momentaneo ritorno alla vita come sconfitta della morte.
Il contesto di base è sempre quello familiare: una riunione tra fratelli, ormai adulti e lontani fra loro. Nella casa di famiglia si passa dal ricordo commosso del padre, defunto ormai da sette anni, all’occasione scientifica del secolo data proprio a uno dei fratelli, uno scienziato, di compiere una resurrezione controllata.
Come accadeva nelle prime battute di Dall’alto di una fredda torre in cui il gioco immaginario di una scelta assurda di fronte alla morte preannunciava l’evoluzione drammatica delle vite dei personaggi, anche ne L’ora accanto lo scambio di battute iniziale tra fratelli è il preludio della svolta che darà inizio all’estremo esperimento scientifico che sconvolgerà nel profondo le vite dei presenti.
La scienza avanzata immaginata da Gili sembra aver superato il limite invalicabile tra la vita e la morte ed è diventata in grado di creare delle ricomposizioni atomiche di ciò che si presenta come senza vita. La morte, vista come smaterializzazione della vita, può avere, proprio grazie alla scienza, un’inversione reale, anche se per un’ora soltanto. Nessun netto dualismo fra vita e morte, dunque: sono piuttosto il proseguimento naturale l’una dell’altra, con la possibilità che questo passaggio possa persino essere invertito per mano dell’uomo. La scienza, però, contempla le formule, le leggi e i fatti, ma poco tiene conto della sfera emotiva. Sebbene questo sia un desiderio di chiunque abbia un defunto fra i suoi cari, la sconfitta della morte per un’ora rimane una conquista – e su questo vi sono fra l’altro seri dubbi – solo razionale e turba ancor più della morte stessa che, pur nella sua tragica ineluttabilità, è comunque emotivamente accettata e compresa.
La pièce teatrale che completa la trilogia, risulta efficace malgrado alcuni elementi tecnici leggermente stridenti. Il grande timer digitale, ad esempio, che, scandendo angosciosamente il tempo, dovrebbe trattenere e soggiogare al massimo il pubblico, è accompagnato talvolta da pause eccessive che sortiscono l’effetto opposto, stancando lo spettatore. Una giusta tensione di fondo però si mantiene in quasi tutta la seconda metà dello spettacolo grazie alle improvvise alternanze di luce e buio che denotano il passaggio dai momenti presenti ai ricordi di equilibri familiari passati.
Questi i passaggi dialogici più efficaci che rendono bene la complessità del testo. La tensione è tutta lì. La possibilità di rivivere, da tanti bramata e cercata, in realtà scuote e sconvolge tutti, persino lo stesso “risorto”, e apre una considerazione della morte come concetto più ampio del singolo evento fattuale e necessario; nella sua stessa inversione essa si consuma ancora più necessariamente e tragicamente.
Dettagli
- Titolo originale: L'ora accanto (III capitolo della Trilogia di Mezzanotte)