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Da Fortuny a Versace. 100 di moda italiana in mostra al Museo della Moda di Riga: intervista alla curatrice Natalia Muzychkina

Redazione

di Rosaria Carifano e Riccardo Ricci

Dopo lo slittamento della programmazione e la pausa forzata delle attività per colpa dell’emergenza covid, ha finalmente aperto i battenti l’attesissima mostra del Museo della Moda di Riga “Da Fortuny a Versace. 100 anni di moda italiana” (From Fortuny to Versace. 100 Years of Italian Fashion), visitabile fino al 20 Gennaio 2021.

Alle opere preziose dell’eccezionale collezione permanente di Alexandre Vassiliev (una delle collezioni private di costumi e accessori di moda più grandi del mondo), si aggiungono i capolavori creati dagli stilisti italiani durante il XX secolo, e non mancano incursioni agli inizi del XXI.

Particolarmente soddisfatta sia dell’allestimento che del riscontro la direttrice della struttura, nonché organizzatrice dell’evento, l’architetta Natalia Muzychkina, da sempre grande ammiratrice dell’industria della moda “made in Italy”: «Le opere centrali della mostra rappresentano l’immagine creativa dell’Italia e il modo italiano di godersi la vita. Nel tempo, mentre tutto il mondo cerca di adattarsi alle nuove condizioni, la capacità italiana di cambiarsi, svilupparsi e rinascere è sempre edificante».

Come è nata l’idea di dedicare una mostra alla moda italiana nel XX secolo?

Nel 2017, il Museo della Moda ha aperto la mostra dedicata alla casa di moda “Dior”. Nell’apertura, accanto agli ospiti francesi hanno partecipato anche i rappresentanti dell’ambasciata italiana, ed in quell’occasione è nata l’interessante idea di immaginare un evento dedicato anche alla moda dell’Italia. Infatti, nei paesi del nord adorano l’Italia – il pensiero delle vacanze estive sulle sue coste aiuta a sopportare l’inverno lungo, e anche la moda italiana è molto popolare. Non è assolutamente meno conosciuta della moda francese, perciò al Museo della Moda hanno recepito questa idea con grande entusiasmo.

Il Museo della Moda, insieme con la Fondazione di Alexandre Vassiliev (Alexandre Vassiliev Foundation) ha preparato la mostra per per due anni. Alcune opere sono state selezionate, altre acquistate, la ricerca è stata laboriosa.

Che obiettivi si prefigge una mostra come questa?

Lo scopo della mostra è quello di raccontare come è stato creato il fenomeno della moda italiana, quali stilisti lavoravano agli inizi, come pian piano la moda è diventata non solo un settore significativo dell’economia italiana, ma anche un simbolo dell’Italia stessa. Perciò una grande parte della mostra è organizzata come una vera e propria retrospettiva, parte dall’inizio del XX secolo e arriva fino ad oggi. Altro punto interessante  che vogliamo evidenziare, riguarda gli stilisti di origine italiana che lavoravano fuori dall’Italia, per esempio Elsa Schiaparelli, Nina Ricci, Pierre Cardin e Gianfranco Ferré. Anche i vestiti creati da loro sono visibili nella mostra e raccontiamo il loro percorso. Durante la preparazione della mostra abbiamo elaborato il concept che vogliamo raccontare ai visitatori: il fenomeno della moda italiana è basato su tre tradizioni, quelle della cultura italiana conosciute in tutto il mondo, ovvero le capacità e la storia illustre degli artigiani, e i forti legami di famiglia sui quali molte aziende si fondano. A differenza del resto di mondo, dove la fanno da padrone le enormi corporazioni internazionali, in Italia le case di moda sono ancora guidate dalle famiglie, dagli eredi dei loro fondatori di terza o persino quarta generazione.

Presumiamo che nella mostra siano esposti i capi e i nomi considerati più significativi. Com’è stata fatta questa selezione?

Abbiamo voluto portare i visitatori della mostra lungo un percorso: come è sviluppata la moda italiana. Perciò la parte retrospettiva della mostra comincia con i vestiti del famoso Mariano Fortuny, seguiti da Maria Monaci Gallenga. Nella stessa vetrina sono esposti anche i vestiti creati da Elsa Schiaparelli. Il nome di Schiaparelli è ben conosciuto agli esperti di moda, però per noi era importante raccontare dei nomi sì illustri, ma meno conosciuti al pubblico più ampio: Fortuny, Maria Gallenga, le sorelle Fontana, sono indispensabili per mostrare il periodo iniziale della moda italiana. Poi si può ammirare il vestito disegnato da Simonetta Visconti, un classico “New Look” degli anni ’50; invece è difficile immaginare gli anni ‘60 senza le “palazzo pyjamas” di Irene Galitzine o i famosi serigrafati vivaci di Emilio Pucci. L’opera esposta deve essere bella, rispecchiare il periodo in cui è stata creata e anche lo stile del designer. Per esempio, il vestito molto spettacolare del periodo iniziale di Gianni Versace, che già dimostra il talento illustre dello stilista e le capacità di creazione del taglio. Oppure i vestiti di Franco Moschino, che mostrano il senso dell’umorismo dello stilista.

Quali delle opere sono considerate le più significative, “imperdibili”, da vedere assolutamente e impossibili da lasciar fuori dalla mostra per la loro influenza nel settore?

Il vestito di Elsa Schiaparelli nel colore rosa shocking, diventato simbolo caratteristico della stilista. Il vestito “Delphos” di Mariano Fortuny, le scarpe di Salvatore Ferragamo degli anni ‘30, le calzature di Versace che richiamano l’architettura d’avanguardia, i vestiti di Pino Lancetti e Roberto Cavalli. Entrambi sono all’inizio della mostra e sono accompagnati da una dedica all’Italia. Uno è scuro, lussuoso e pieno di dramma, mentre l’altro è lucente e pittorico, con i riferimenti moderni al Rinascimento. Per noi era importante sottolineare solidarietà all’Italia in questi tempi difficili.

Chi sono gli stilisti italiani del XX secolo che hanno maggiormente influenzato la moda internazionale?

La risposta probabilmente non sarà una sorpresa: sono quegli stilisti di moda che sono già maggiormente conosciuti nel mondo. Elsa Schiaparelli che, audacemente, ha collegato la moda con l’arte; Salvatore Ferragamo, che ha creato dei capolavori che però, allo stesso tempo, erano comodi da portare; Irene Galitzine, che ha trasformato l’abbigliamento quotidiano in uno spettacolo lussuoso per la sera; Pierre Cardin, innovatore e avanguardista; Gianni Versace, il grande postmodernista della moda; Giorgio Armani – il creatore della moda maschile moderna; Gianfranco Ferré – il primo “straniero” che è diventato lo stilista principale della leggendaria casa di moda francese; Miuccia Prada, che osserva la moda con lo sguardo investigativo dell’intellettuale. E questa lista può andare avanti ancora e ancora…

Cos’è per lei la moda e qual è il suo ruolo nella società contemporanea? 

La moda per me è un’interessante parte della cultura. Se giudichiamo la cultura soltanto guardando alle opere degli artisti, il giudizio finale non sarebbe oggettivo. Gli artisti includono nelle loro opere molti elementi soggettivi e personali. La moda è diversa. Rispecchia tutti i processi sociali e culturali di una società, anche quelli odierni, così immediati: la moda reagisce immediatamente persino ai cambiamenti quasi impercettibili. Perciò è coinvolgente studiare la moda, è interessante risolvere i suoi enigmi.

Moda e social network, con l’importanza data alle fotografie, sembrano fatti l’una per gli altri. Il fenomeno del fast fashion, delle collezioni usa e getta che non restano indimenticabili, ringrazia. Qual è oggi il valore, perciò, di un museo – “lento” per antonomasia – dedicato alla moda e chi sono i destinatari di una mostra così?

L’atteggiamento verso la moda è cambiato negli ultimi tempi. Sembra che l’ultima grande “tendenza” ci sia stata negli anni ’80, adesso è in vigore il concetto dello stile individuale. Ci si può vestire con lo stile degli anni ‘50, punk, grunge o in quello dei “figli dei fiori” e avere comunque un aspetto moderno, se viene visivamente dichiarato, in modo abbastanza convincente, che questo è il proprio stile.

Però le collezioni di “una volta” non sono novità. Persino al tempo di Charles Frederick Worth, le signore lamentavano che lui cambiava i design così spesso che era necessario ordinare nuovi abiti per ogni stagione. Semplicemente oggi gli abiti sono diventati accessibili a tutti e nel nostro mondo sono assai di più (se ci compariamo a contesti come l’élite o l’alta società nei secoli precedenti). Anzi, addirittura creano non pochi problemi all’ecologia visti gli sprechi, e dobbiamo riflettere bene e trovare una soluzione a riguardo.

In una situazione del genere, il ruolo del museo, il suo valore, risiede nel conservare e mostrare i vestiti belli dell’alta moda, che altrimenti sarebbero visibili soltanto nelle sfilate di moda, e quanto spesso una persona “ordinaria” le frequenta? Inoltre, nessuno può più essere presente alle sfilate del passato, anche solo del XX secolo!

Inoltre, il Museo cerca di dare ai visitatori la possibilità di entrare in contatto, di immaginare le realità di altri tempi o paesi, quelli ai quali viene dedicata la mostra. È un’altra esperienza emozionale.

Il Museo crea una nuova comprensione, il senso. Oggi, fare una gita qualitativa come una visita al museo sollecita il pensiero, si guarda alla contemporaneità dal punto di vista dei tempi passati, ci si pongono le stesse domande, si valuta se stessi, le proprie opinioni, abitudini, manifestazioni preferite di cultura. Il Museo invita a pensare e a sentirsi.



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