Al Teatro Mercadante Luca De Fusco non ha paura di pronunciare “Macbeth”
Da secoli sul Macbeth è gettato un velo di scaramantico timore, soprattutto dalla comunità artistica, ma Luca De Fusco ha sfidato, e vinto, la maledizione che il dramma di Scozia porta con sé
Standing ovation per la prima del Macbeth tenutasi mercoledì 26 ottobre al Teatro Mercadante di Napoli. Presentato al Napoli Teatro Festival 2016, l’adattamento del Direttore del Teatro Stabile di Napoli (e Direttore del NTFI di “due mandati fa”, data la fresca nomina di Ruggero Cappuccio, seguita alle dimissioni di Franco Dragone) si pone sulla scia dei precedenti lavori Antonio e Cleopatra e Orestea, accomunati non soltanto dalla scelta di un classico ma soprattutto da una riscrittura contemporanea interessante.
Il dramma di Scozia scritto da Shakespeare è noto a tutti: Macbeth e il fedele Banquo discutono nel bosco e si imbattono in tre streghe dall’aspetto ambiguo che annunciano al primo che diventerà re e al secondo che darà inizio a una stirpe di sovrani. Macbeth confessa tutto a sua moglie – donna forte e determinata a raggiungere il potere con qualsiasi mezzo – che escogita l’assassinio del Re Duncan compiuto da suo marito. I legittimi eredi del defunto Duncan fuggono e Macbeth, congiunto del re, viene incoronato Re di Scozia. Da questo momento ha inizio una serie di omicidi volti a epurare il regno dai suoi nemici per far sì che la profezia riguardante la progenie di Banquo non si compia. Insomma, detta allo spettatore odierno, il plot è una sorta di House of Cards ante litteram.
Si potrebbe pensare alle solite lotte di potere medioevali che affollano i libri di storia, eppure quello che affascina dell’opera shakespeariana è l’assoluta predominanza che assumono i sentimenti dei protagonisti, i loro pensieri e la materializzazione del senso di colpa per i delitti commessi che conduce i coniugi Macbeth alla follia e, infine, alla morte.
Luca Lazzareschi e Gaia Aprea – rispettivamente Macbeth e consorte – riescono a dare credibilmente corpo alla pazzia visionaria a cui conduce il senso di colpa portato alle estreme conseguenze. Il rischio di affettazione e pomposità interpretativa da parte degli attori c’era – e d’altronde è sempre in agguato quando si decide di mettere in scena un classico – eppure gli interpreti non sono caduti nel tranello teso dal testo riuscendo a far trasparire sul palco l’Uomo e la Donna celati sotto la corona scozzese, in una parola, l’umanità dei personaggi.
In particolare, il personaggio di Lady Macbeth ha un ruolo di primo piano nella tragedia shakespeariana. Viene presentata al pubblico come una donna dalla forte personalità, dotata di sentimenti e passioni estreme. È vista da suo marito come moglie e madre, consapevole che in un mondo in cui il potere si identifica necessariamente con l’uomo dovrà fare spazio dentro di sé a attributi tradizionalmente maschili per portare a termine i suoi ambiziosi piani.
Gaia Aprea aderisce completamente al suo personaggio complesso e contrastato, fa convivere in sé l’uomo e la donna che Lady Macbeth racchiude e, prendendo per mano la regina di Scozia, l’accompagna verso una graduale ma violenta evoluzione che condurrà al sonnambulo senso di colpa e poi all’espiazione finale attraverso il suicidio.
L’allestimento si pone come una continuazione fisica dei cupi e notturni sentimenti che dominano l’animo dei personaggi e allo stesso tempo una concretizzazione delle loro visioni: al centro della scena è posta la camera da letto dei coniugi che da alcova diventa un luogo dannato a cui ruota tutto il marasma psicologico sollevato dalle loro empie e scellerate azioni.
Un sistema di proiezioni e di trasparenze di veli calati dall’alto divide lo spazio scenico in più palchi che diventano nel loro specifico fisico luoghi destinati a complotti, duelli e delitti, monologhi allucinati. In particolare, l’allestimento crea un teatro nel teatro – un vecchio vezzo di Shakespeare se si pensa all’Amleto o a Iago dell’Otello – che qui è teatro dei due assassini, costretti a una perenne finzione davanti alla propria corte per difendere strenuamente la corona.
A questa pluralità di livelli – che talvolta danno allo spettatore il brivido di spiare i personaggi origliando i loro discorsi e le più oscure confessioni – si accompagna l’utilizzo sul palco di una telecamera che rimanda sul fondale le immagini degli attori visti da una prospettiva opposta alla platea. Sullo schermo vengono proiettati incubi, allucinazioni, rimorsi, angosce: siamo nelle tormentate e malate menti di Mr. e Lady Macbeth.
In più momenti l’immagine di una civetta si fa annunciatrice di eventi nefasti e alla fine, come la nottola di Minerva, viene ad annunciare che la realtà si è compiuta. Se nella testa di Macbeth o meno, non ci è dato saperlo.
Viene da chiedersi se il destino di Macbeth sia già scritto e quindi immutabile o se tale destino si compia perché le parole degli spiriti maligni manovrano difatti le sue azioni. Le tre sorelle incontrate nel bosco sono streghe o parche? In questo senso Macbeth è il dramma del libero arbitrio con cui ogni essere umano inevitabilmente si scontra, è la tragedia della scelta che nel caso del Signore di Glamis poteva compiersi esclusivamente nel rifiuto del male. La sua controparte identica e contraria è Banquo – interpretato riuscitamente da Paolo Serra – che in seguito all’ascolto della profezia lusinghiera lascia che sia il buon senso a disciplinare l’ambizione e difatti rifiuta di compiere il male.
George Orwell scrisse che Macbeth poteva essere la storia di Hitler o di Napoleone; ma è anche la storia di un qualsiasi impiegato di banca che falsifichi un assegno, di un qualunque funzionario che accetti una tangente, di qualunque essere umano che colga qualche convenienza per ottenere un vantaggio personale. Ciò si fonda sull’illusoria convinzione umana che un’azione possa restare isolata, che si possa dire a se stessi: «Commetterò solo questo crimine per raggiungere il mio scopo, e subito dopo diventerò rispettabile». Ma da un crimine ne nasce un altro…
Da secoli sul Macbeth è gettato un velo di scaramantico timore, soprattutto dalla comunità artistica eppure Luca De Fusco ha sfidato la maledizione che il dramma di Scozia porta con sé, vincendo.
Dettagli
- Titolo originale: Macbeth
- Regia: Luca De Fusco
- Anno di Uscita: 2016
- Musiche: Ran Bagno
- Costumi: Zaira de Vincentiis
- Produzione: Teatro Stabile di Napoli, Teatro Stabile di Catania in collaborazione con Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia
- Cast: Luca Lazzareschi, Gaia Aprea, Fabio Cocifoglia, Paolo Cresta, Francesca De Nicolais, Claudio Di Palma, Luca Iervolino, Gianluca Musiu, Alessandra Pacifico Griffini, Giacinto Palmarini, Alfonso Postiglione, Federica Sandrini, Paolo Serra, Enzo Turrin e con le danzatrici della compagnia Körper Chiara Barassi, Sibilla Celesia, Sara Lupoli
- Altro: le musiche registrate sono eseguite da Karni Postel [violoncello], Glia Hai [viola], Nona choir [voci] dirette da Zvika Vogel
Altro
- Testo: William Shakespeare
- Traduzione: Gianni Garrera
- Adattamento: Luca De Fusco
- Voce Fuori Campo: Angela Pagano
- In Video: Lorenzo Papa
- Scene: Marta Crisolini Malatesta
- Luci: Gigi Saccomandi
- Installazioni Video: Alessandro Papa
- Coreografie: Noa Wertheim
- Assistente alla Regia: Alessandra Felli
- Assistente alla Coreografia: Rina Wertheim
- Assistente alle Scene: Laura Giannisi
- Assistente ai Costumi: Elena Soria
- Direttore di Scena: Teresa Cibelli
- Capomacchinista: Nunzio Opera
- Elettricista: Marco Spina
- Tecnico Video: Sebastiano Mazzillo
- Fonico: Italo Buonsenso
- Capo Sarta: Roberta Mattera
- Sarta: Daniela Guida
- Trucco: Bruna Calvaresi
- Amministratrice di Compagnia: Simona Di Nardo
- Foto di Scena: Fabio Donato
- Assistente Direttore di Scena Stagista: Melissa De Vincenzo
- Realizzazione Scene: L’Aquila scena
- Realizzazione Costumi: Tirelli
- Parrucche: Audello
- Calzature: Pompei
- Materiale Elettrico, Fonico, Video: Emmedue
- Trasporti: Autotrasporti Criscuolo
- Visto il: Mercoledì, 26 Ottobre 2016
- Visto al: Teatro Mercadante, Napoli