Fausto Melotti. Sul Disegno @ Galleria Tonelli – Milano (MI)
“Ogni composizione musicale nasce con una prima nota e ogni disegno con una prima linea. A quella nota, a quel segno, ne seguono un secondo, un terzo e via via l’opera si compie in continuazione di equilibri e invenzioni. Alla fine si palesa una legge, sintesi degli equilibri che, se ne sei degno, ti viene rivelata.”
La citazione dell’artista Fausto Melotti che compare sulle pareti della galleria d’arte Tonelli di Milano, che dal 15 Gennaio al 28 Febbraio ne ospita la personale, concede al visitatore la possibilità di intercettare in breve tempo l’archè della ricerca dello scultore trentino scomparso nella metà degli anni ottanta. La linea come principio di tutto, la naturale successione dei segni, la simbolizzazione estrema della figura (in particolare quella umana), il tentativo di lasciar “emergere dal vuoto” le proprie opere scultoriche: sono questi i principi ispiratori dell’arte astratta di Melotti che, almeno agli albori della sua carriera, non ha ricevuto immediato consenso ma che è riuscita a farsi strada soltanto grazie alla profonda determinazione dell’artista ad imporsi nel panorama avanguardistico del Novecento.
L’arte di Melotti risente delle numerose sfaccettature e peculiarità derivanti dall’ampia e diversificata formazione accademica dell’artista. Laureato in ingegneria elettrotecnica, Melotti decide ben presto di voler inseguire ed assecondare le proprie naturali inclinazioni che lo porteranno ad approfondire conoscenze ed ambiti non del tutto pertinenti anzi, piuttosto distanti, da quella che era stata la sua primaria formazione. Negli stessi anni in cui consegue la laurea presso l’Università di Pisa, Melotti porta a compimento lo studio del pianoforte ed intraprende quello della scultura a Torino. Nel 1928 si iscrive all’Accademia di Brera di Milano dov’è allievo di Adolfo Wildt e dove conosce Lucio Fontana con cui stringerà un lungo e duraturo rapporto di amicizia e collaborazione. L’arte per Melotti è dunque ispirazione, un moto che trae origine da un punto di partenza, è in altre parole una questione cinetica per cui il movimento, come un corpo che acquista energia, segue un suo naturale andamento, sviluppando qualcosa di intrinseco che viene infine rivelato agli occhi stessi di chi lo ha cercato. E il principio per l’artista trentino è dunque sempre un segno, a volte solo e fluttuante nello spazio, altre volte inserito in un flusso a cascata di linee accostate in modo armonico, quasi mai contrastanti tra di loro.
In alcuni dei venti disegni esposti (di cui ben diciotto per la prima volta) è possibile percepire le intenzioni dell’artista nel voler costruire una narrazione fatta proprio di linee ed elementi simbolici ma anche di equilibri generati dall’accostamento di definito ed indefinito. È sublime ammirare la grazia di un racconto ridotto al minimo segnico fatto di simboli che vorrebbero all’apparenza nascondere la trama ma che chiedono in realtà di essere letti in tutta la loro carica di significato. In questo senso, ciò che Melotti compie all’interno dei suoi disegni è un cammino all’indietro nello svuotamento delle volumetrie che ingombrano lo spazio di cui le forme si appropriano per arrivare dunque all’archetipo della narrazione, all’essenza della sostanza e dunque, all’astrazione. In questo senso l’artista, che nasce come scultore, compie un percorso contrario a quello che la stessa logica vorrebbe, nel senso che i suoi disegni potrebbero essere erroneamente interpretati come bozzetti per lo studio delle sue sculture, una sorta di camera di gestazione in cui la forma prende vita a partire dal segno mentre è vero che, quando si parla delle sculture di Melotti, si parla di operazioni di emersione dal vuoto piuttosto che di sottrazione dal pieno. Osservare i disegni del poliedrico artista trentino è dunque simile al guardare una coreografia in un continuo back/forward in cui il segno acquista volume e il volume torna all’essenza. È pur vero però che all’interno della esposizione è possibile distinguere un piccolo sottogruppo di disegni i quali costituiscono vere e proprie composizioni astratte in cui non compare alcuna intenzione narrativa da parte dell’artista; in questo contesto il segno non serve lo scopo narrativo ma rivendica la sua identità di esistenza a prescindere da qualsiasi lettura finale che voglia necessariamente ricercarvi un senso compiuto. Qui l’elemento puramente ornamentale supera l’impianto della narrazione seguendo logiche che prescindono dal voler restituire alla forma un significato convenzionalmente riconosciuto. Questo flusso di segni informali si ritrova anche nelle opere plastiche del Melotti scultore, sottoforma di elementi che assumono la loro posizione assecondando le leggi della cinetica, appunto. In altre opere invece è possibile ritrovare elementi appartenenti alle “regole”della musica che come la matematica nasconde una sua naturale ed inequivocabile esattezza che tanto attiene alla metafisica. Tutto questo Melotti lo sa, e le sue creazioni nascono su elementi di contrappunti, pause e variazioni di tema, come si può chiaramente ammirare nella scultura posta a centro stanza in cui sembrano alternarsi semiminime, semibrevi ed altri simboli convenzionali appartenenti all’universo della musica, così com’è possibile distinguere fraseggi armonici tipici delle composizioni classiche all’interno dei disegni in cui si accostano segni orizzontali e verticali in maniera fluida e non contrastante.
L’arte per Fausto Melotti è quindi ricerca, e non nel senso di avanscoperta ma piuttosto di rivelazione di senso, celato dall’evidenza delle forme e dalle leggi naturali che ad esse sottendono e che, per tornare alle parole dell’artista, sono “sintesi degli equilibri che, se ne sei degno, ti viene rivelata”.